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Ho parlato degli hennebet con altre persone. Alcuni pensano che gli hennebet conoscano letteralmente l’esperienza della reincarnazione e che, a mano a mano che diventano vecchi, ricordino parti sempre più vaste delle loro vite passate finché, in punto di morte, si ricongiungono a un’innumerevole moltitudine di personalità precedenti, e quando rinascono portano nella loro nuova vita quell’immateriale fila o filiera di vecchie vite.

Ma non riesco a conciliare questo con il fatto che l’anima e il corpo sono una singola cosa, per loro, e che o nulla o tutto è materiale o immateriale. Né si accorda a quanto diceva la signora Tattava su «tutte le altre persone che vivono questa vita». Non ha parlato di «altre vite». Non ha detto: «vissuto questa vita in altri periodi di tempo». Ha detto: «anch’essi sono qui».

Non ho idea di cosa sia l’abba, a parte l’arbusto con le piccole bacche dal sapore piccante.

La sola cosa che posso dire sugli hennebet è che alcuni mesi trascorsi con loro hanno notevolmente confuso le mie aspettative di identità e le mie idee sul tempo, e che dal giorno della mia visita mi pare di essere incapace di mantenere un’opinione realmente forte su qualunque cosa, ma questo è un altro discorso.

L’IRA DEI VEKSI

Non ci sono molti turisti che si rechino a visitare il piano dei veksi. Hanno paura che gli abitanti li aggrediscano. In realtà, i veksi ignorano decisamente i rari viaggiatori provenienti da altri piani: li considerano spettri — impotenti e maleodoranti — di nemici uccisi e pensano che si allontaneranno da soli se nessuno gli presterà attenzione. La convinzione si è dimostrata quasi sempre attendibile.

Alcuni studiosi della variabilità del comportamento si sono però fermati su quel piano e sono venuti a conoscenza di molti particolari degli involontari e indifferenti padroni di casa.

La descrizione che segue mi è stata fornita da un amico che chiede di rimanere anonimo.

I veksi sono una razza iraconda. La loro vita sociale è costituita in gran parte di battibecchi, proteste, dispute, scambi di percosse, esplosioni di furia, periodi di recriminazione in solitudine, risse, faide e desiderio di vendetta.

Non c’è differenza di forza o di dimensione tra gli uomini e le donne dei veksi. Entrambi i sessi accrescono la loro forza naturale con l’uso di armi, che portano con sé in ogni momento. I loro accoppiamenti sono spesso così violenti da causare ferite e talvolta anche la morte di uno o di tutt’e due i partner.

Si muovono generalmente sulle quattro zampe, anche se sanno camminare — e camminano — con grazia e vigore sulle gambe posteriori, corte e robuste, che terminano con uno zoccolo. Gli arti anteriori dei veksi sono articolati in modo da poter essere usati altrettanto efficacemente come zampe o come braccia. Lo zoccolo anteriore, lungo e sottile, nasconde e protegge una mano, che è tenuta chiusa a pugno all’interno dello zoccolo stesso quando camminano a quattro zampe. Una volta estese all’esterno dello zoccolo, le quattro dita opponibili sono eleganti e agili come la mano umana.

Il pelame dei veksi cresce lungo e ricciuto sulla testa e sulla schiena; assume la forma di peluria fine e folta su ogni parte del corpo, a eccezione dei genitali e del palmo della mano.

Il colore della pelle va dal fulvo al bronzo, il pelo è nero, castano, biondo scuro, rossiccio o una mescolanza di tutti questi, con varie pezzature e sfumature. A mano a mano che i veksi invecchiano, compaiono i peli chiari e gli anziani possono essere completamente bianchi, ma non ci sono molti veksi che raggiungano quell’età.

L’abbigliamento, non essendo necessario per la protezione dal freddo o dal calore, è composto da cinture, bandoliere e strisce di cuoio, portate come ornamento e per fornire tasche e fondine per utensili da lavoro e armi.

L’irritabilità di temperamento dei veksi comporta molte difficoltà per la loro vita in comune, ma il bisogno di stimoli sociali e di conflitti rende loro impossibile vivere isolati.

La soluzione è un villaggio chiuso entro una palizzata, composto di cinque o sei grosse case di fango, grandi e con il tetto a cupola, a cui si aggiungono da quindici a venti capanne più piccole, costruite in parte sotto il livello del suolo. Queste case sono chiamate omedra.

Le omedra più grandi, costituite di molte stanze, ospitano una famiglia estesa, composta da un gruppo di donne apparentate tra loro e dai loro figli, o da donne sessualmente accoppiate e dai figli. Gli uomini — parenti, partner sessuali e amici in genere — possono abitare in una casa solo dietro invito, possono andarsene quando vogliono, ma devono allontanarsi immediatamente se le donne glielo ordinano. Se non se ne vanno, tutte le donne e molti degli altri uomini li attaccano ferocemente, li cacciano via, coperti di sangue, e se cercano di ritornare li accolgono con lanci di pietre.

Le piccole omedra da una sola stanza sono occupate da adulti singoli, chiamati solitari. Questi sono uomini cacciati via dalle omedra più grandi, oppure uomini e donne che decidono di vivere da soli. A volte i solitari possono frequentare qualcuna delle famiglie, lavorano nei campi con gli altri, ma dormono da soli e consumano in isolamento la maggior parte dei pasti.

Uno dei primi visitatori ha descritto un villaggio veksi come: «cinque grandi case, piene di donne che imprecano tra loro e quattordici casette piene di uomini incolleriti e offési».

Lo stesso schema si ritrova nelle città, che sono essenzialmente villaggi riuniti tra loro per opporsi ad altri gruppi o villaggi, costruiti su isolotti al centro dei fiumi, su altipiani facili a difendersi da un attacco, o circondati da fossati e terrapieni. Le città sono divise in quartieri separati tra loro, che dal punto di vista sociale sono simili ai villaggi rurali. I sentimenti che prevalgono tra tutti i vicini, nei paesi, villaggi e nei quartieri delle città, sono rancori, rivalità e odio.

Faide e scorrerie sono continue.

La maggior parte degli abitanti muore per ferite di arma bianca. Nonostante tutto questo, la guerra su larga scala — che interessi più di qualche villaggio o di due città — sembra ignota; la coesistenza pacifica dei villaggi o dei quartieri si basa su prese di distanza provvisorie o sprezzanti ed è sempre di breve durata.

I veksi non attribuiscono importanza al potere o al dominio sugli altri e non lottano per avere il comando. Lottano spinti dall’ira o per vendicarsi.

Questo può farci capire perché, anche se l’intelligenza e l’abilità manuale avrebbero permesso loro di costruire armi che uccidono a distanza, i veksi combattono con il coltello, il pugnale e la mazza, oppure a mani nude… anzi, a zoccoli nudi. In effetti la loro lotta è confinata entro numerose regole non scritte, ma provenienti da tradizioni assai autorevoli. Per esempio, qualunque sia la provocazione, nelle loro incursioni e vendette non distruggono mai le piantagioni o i frutteti.

Ho visitato un villaggio rurale, Akagrak, dove tutti i maschi adulti erano morti in combattimenti e faide contro i tre villaggi vicini. I fertili terreni di Akagrak, situati in fondo alla valle fluviale, non erano stati danneggiati dai vincitori di quelle battaglie, né questi se ne erano impadroniti.

Io assistetti al funerale dell’ultimo uomo del villaggio, un Bianco — ossia un vecchio — che si era allontanato da solo, per vendicare l’uccisione del nipote, ed era stato lapidato a morte da un gruppo di giovani di uno dei villaggi adiacenti, Tkat.

Uccidere scagliando pietre è un’infrazione del codice di guerra. La gente di Akagrak era infuriata, e la loro offesa non diminuiva, anche se gli abitanti di Tkat avevano punito i loro giovani trasgressori con tanta severità che uno era morto e un altro sarebbe rimasto invalido per tutta la vita. Ad Akagrak i maschi superstiti, sei bambini, non avevano il permesso di dare battaglia finché non avessero compiuto il quindicesimo anno, l’età in cui tutti i maschi e parte delle femmine diventano Guerrieri. Insieme alle ragazze inferiori ai quindici anni, i ragazzi lavoravano duramente nei campi per sostituire gli uomini uccisi. I Guerrieri di Akagrak erano adesso costituiti da donne prive di figli o con i figli ormai maggiorenni. Quelle donne passavano la maggior parte del tempo a tendere imboscate agli abitanti di Tkat e degli altri villaggi.