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Joshua si avvicinò alla sedia sulla quale era seduta la donna. Abbassò gli occhi su di lei, cogliendo in un unico sguardo il vestito logoro, il grembiule, le calze elastiche scure, le scarpe ormai consumate e il gatto dal pelo lucido; cercò di andare oltre l’immagine della dolce vecchietta per ritrovare la donna che vi si nascondeva. «Quando accettò i tremila dollari di Katherine, non si assunse anche qualche responsabilità nei suoi confronti?»

«Non le chiesi io di venire da me per avere il bambino,» ribattè Mrs Yancy. «Il mio bordello valeva molto più di tremila dollari. Non avevo intenzione di gettare tutto all’aria per uno scrupolo morale. Secondo lei avrei dovuto farlo?» Scosse la testa, incredula. «Se pensa che avrei dovuto farlo, allora lei vive in un altro mondo, mio caro signore.»

Joshua la fissò per un attimo e rimase in silenzio, per il timore di esplodere e di mettersi a urlare. Non voleva che lo buttasse fuori di casa prima di essersi assicurato che gli avesse raccontato tutto quello che sapeva sulla gravidanza di Katherine Ann Frye e sui gemelli. Gemelli!

Intervenne Tony: «Senta, Mrs Yancy, subito dopo aver accolto Katherine, quando ha scoperto che si avvolgeva strettamente nelle panciere, lei si rese conto che rischiava di perdere il bambino. Ha ammesso che lo stesso dottore aveva parlato di una simile eventualità.»

«Sì.»

«Secondo il medico, anche Katherine rischiava di morire.»

«E allora?»

«La morte di un neonato o della madre durante il parto avrebbe sicuramente comportato la chiusura del suo bordello, esattamente come se avesse chiamato la polizia per far ricoverare una donna in preda a una crisi di nervi. Eppure non cacciò Katherine, anche se avrebbe avuto tutto il tempo per farlo. Sapeva che era rischioso, ma accettò i tremila dollari e diede a Katherine il permesso di restare. Sicuramente sapeva che, nel caso fosse morto qualcuno, avrebbe dovuto avvisare la polizia, rischiando di dover chiudere.»

«Nessun problema,» rispose Mrs Yancy. «Se i bambini fossero morti, li avremmo portati via in una valigia. Li avremmo sepolti da qualche parte in cima alle colline. Oppure avremmo messo qualche pietra nella valigia e l’avremmo fatta cadere dal Golden Gale.»

Joshua provò l’irrefrenabile impulso di afferrare la donna per lo chignon e di sbatterla a terra, per farle perdere quell’aria compiaciuta e strafottente. Ma si limitò a voltarsi e respirare a fondo, prima di ricominciare a camminare nervosamente sulla passatoia, con gli occhi fissi sul pavimento.

«E Katherine?» domandò Hilary. «Che cos’avrebbe fatto se fosse morta lei

«La stessa cosa che avrei fatto con i due gemelli,» affermò Mrs Yancy senza scomporsi. «Anche se, naturalmente, non avremmo potuto mettere Katherine in una valigia.»

Joshua si bloccò all’estremità della stanza e osservò la donna, sbigottito. Non cercava di essere spiritosa. Non si era assolutamente resa conto del macabro umorismo contenuto in quella frase: si era limitata a enunciare un dato di fatto.

«Se qualcosa fosse andato storto, avremmo eliminato il corpo,» proseguì Mrs Yancy rispondendo alla domanda di Hilary. «E avremmo fatto in modo che nessuno venisse a sapere che Katherine era stata da me. E non mi guardi con quell’aria sbigottita e di disapprovazione, signorina bella. Non sono un’assassina. Le sto spiegando che cosa avrei fatto, che cosa avrebbe fatto qualsiasi persona ragionevole nella mia situazione, nel caso in cui la madre o il bambino fossero morti in circostanze naturali. Parlo di morte naturale. Santo cielo, se fossi un’assassina, mi sarei sbarazzata della povera Katherine mentre era fuori di sé, quando non sapevo neppure se si sarebbe ripresa. Per me era una minaccia. Per colpa sua rischiavo di rimetterci il bordello, i miei soldi, tutto, insomma. Ma non l’ho strangolata. Mio Dio, non ho mai pensato una cosa del genere! Ho nutrito quella povera ragazza fra una crisi e l’altra, l’ho aiutata a uscire dallo stato di follia in cui si ritrovava e poi è andato tutto bene.»

Tony la interruppe: «Ha detto che Katherine balbettava, vaneggiava e delirava. È come se…»

«Solo per tre giorni,» precisò Mrs Yancy. «Dovemmo persino legarla al letto per impedire che si facesse del male. Ma è durato solo tre giorni. Forse non era un vero e proprio esaurimento nervoso. Forse era solo una crisi passeggera. Infatti, dopo tre giorni, ritornò a star bene come prima.»

«I gemelli,» disse Joshua. «Ritorniamo ai gemelli. Sono loro che ci interessano.»

«Penso di avervi raccontato tutto,» ribattè Mrs Yancy.

«Erano identici?» domandò Joshua.

«Come si fa a dirlo appena nati? Sono tutti grinzosi e rossi. E impossibile stabilire se si somigliano soltanto o se sono identici.»

«Ma il medico avrebbe potuto fare un esame…»

«Eravamo in un bordello di lusso, Mr Rhinehart, non in un ospedale.» Solleticò il gatto sotto il mento e l’animale allungò felice una zampa verso di lei. «Il dottore non aveva né il tempo né gli strumenti necessari per una cosa del genere. E inoltre, perché avrebbe dovuto preoccuparsi di scoprire se i due bambini erano identici o no?»

Hilary osservò: «Katherine chiamò uno dei due Bruno.»

«Sì,» rispose Mrs Yancy. «L’ho scoperto quando ha iniziato a spedirmi gli assegni, dopo la morte di Katherine.»

«Come ha chiamato l’altro bambino?»

«Non ne ho la più pallida idea. Quando se n’è andata, non aveva ancora scelto i nomi.»

«Ma i nomi non sono stati riportati sul certificato di nascita?» domandò Tony.

«Non c’era alcun certificato,» precisò Mrs Yancy.

«Ma com’è possibile?»

«Le nascite non sono state registrate.»

«Ma la legge…»

«Katherine insistè affinchè i bambini non venissero registrati. Ci stava offrendo un bel mucchio di soldi e ci comportammo come voleva lei.»

«Anche il dottore era d’accordo?»

«Si beccò mille dollari per far nascere i gemelli e tenere la bocca chiusa,» rispose la donna. «A quei tempi mille dollari erano una bella somma. Poteva anche infrangere un paio di regole.»

«I due neonati stavano bene?» domandò Joshua.

«Erano magri,» disse Mrs Yancy. «Anzi, scheletrici. Due creaturine patetiche. Probabilmente perché Katherine era rimasta a dieta per mesi. E anche per colpa dei busti. Ma strillavano come tutti gli altri bambini e avevano un discreto appetito. Insomma, sembravano sani, erano solo un po’ mingherlini.»

«Per quanto tempo si è fermata Katherine?» domandò Hilary.

«Quasi due settimane. Ha avuto bisogno di un po’ di tempo per recuperare le forze dopo un parto tanto difficile. E anche i bambini dovevano rimpolpare un po’ le ossa.» «Quando se ne andò, prese con sé entrambi i bambini?»