«Il segno del demonio?» domandò Tony.
«Sì! Proprio così!»
«Quindi era convinta che i suoi figli fossero contrassegnati dal marchio del demonio e che la loro anima fosse già dannata?»
«Me ne ero quasi dimenticata,» disse Mrs Yancy.
Fissò un punto lontano, oltre Tony, nel tentativo di rivivere quegli anni e ricordare il passato…
Hilary e Joshua rimasero immobili e in perfetto silenzio; Tony fu felice di notare che avevano riconosciuto la sua autorità.
Alla fine, Mrs Yancy riprese a parlare: «Katherine mi raccontò che si trattava del marchio del demonio e poi si chiuse in se stessa. Non volle più parlarne. Per un paio di giorni, rimase tranquilla. Stava sdraiata sul letto, gli occhi fissi al soffitto, e si muoveva appena. Sembrava stesse riflettendo su qualcosa. Poi, improvvisamente iniziò a comportarsi in modo così strano che pensai di nuovo di farla rinchiudere in una gabbia per matti.»
«Ricominciò a farneticare e a essere violenta come prima?» chiese Tony.
«No, no. Non faceva che parlare. Discorsi feroci e pazzeschi. Mi raccontò che i gemelli erano figli del demonio. Disse che era stata violentata da una creatura infernale, un essere verde e squamoso con gli occhi enormi, la lingua biforcuta e gli artigli. Disse che era venuto apposta dall’inferno per costringerla a partorire i suoi figli. Pazzesco, vero? Continuava a giurare che era la verità. Arrivò persino a descrivere quel demone. Un’ottima descrizione, molto dettagliata. E mentre mi spiegava come l’aveva violentata, riuscì persino a farmi venire la pelle d’oca, anche se sapevo benissimo che erano tutte stronzate. Quella storia era originale, piena di immaginazione. All’inizio pensai che fosse uno scherzo inventato da Katherine per fare quattro risate, ma mi accorsi che lei non rideva, che non ci trovava niente di divertente. Le ricordai che mi aveva parlato di Leo e lei si mise a strillare. Santo cielo, come strillava! Avevo paura che rompesse i vetri. Negò di aver detto cose simili. Si finse offesa. Era talmente arrabbiata con me per aver insinuato l’incesto, talmente ipocrita e presuntuosa da volere a tutti i costi le mie scuse, che non potei fare a meno di scoppiare a ridere. Si arrabbiò ancora di più. Continuò a ripetere che non era stato Leo, anche se entrambe conoscevamo perfettamente la verità. Fece di tutto per convincermi che il padre dei gemelli era un demonio. E vi posso assicurare che recitava benissimo! Naturalmente, non le ho creduto neppure per un attimo. Quella stupida storia di una creatura giunta dall’inferno per infilarle dentro il suo affare. Tutte cavoiate! Ma iniziai a chiedermi se lei non ne fosse davvero convinta. Sembrava ci credesse sul serio. Ne parlava in modo fanatico. Aveva paura che avrebbero mandato al rogo lei e i bambini se qualche persona di chiesa avesse scoperto che si era accoppiata con un demonio. Mi supplicò di aiutarla a mantenere il segreto. Non voleva che raccontassi a nessuno della membrana amniotica. Poi aggiunse che i due gemelli portavano il segno del demonio anche in mezzo alle gambe. E mi scongiurò di non rivelare a nessuno quel terribile segreto.»
«In mezzo alle gambe?» domandò Tony.
«Oh, continuava a comportarsi come una pazza furiosa,» proseguì Rita Yancy. «Ripeteva in continuazione che i due piccini avevano gli organi sessuali simili a quelli del padre. Sosteneva che non erano umani in mezzo alle gambe e che anch’io me ne ero accorta. Mi pregò di non parlarne a nessuno. Be’, era semplicemente ridicolo. Quei due bambini avevano il pisellino assolutamente normale. Katherine continuò a farfugliare strane storie di demoni per un paio di giorni. A volte sembrava davvero pazza. Mi chiese quanti soldi volevo per mantenere il segreto sul demonio. Le risposi che non avrei accettato un centesimo per quello, ma che avrei gradito cinquecento dollari al mese per tenere la bocca chiusa riguardo alla faccenda di Leo e tutto il resto. Intendo dire il resto della storia vera. Questo servì a calmarla un po’, ma aveva sempre in testa quelle stupidaggini sul demonio. Stavo per convincermi che credesse davvero a quanto andava blaterando e stavo per chiedere al dottore di visitarla, quando improvvisamente non aprì più bocca sull’argomento. Sembrò ritornare in sé. Pensavo si fosse stancata di quello scherzo. A ogni modo, non disse più una sola parola sui demoni. Da quel momento si comportò in modo esemplare e circa una settimana più tardi se ne andò con i due bambini.»
Tony riflette sulle parole di Mrs Yancy.
La donna riprese ad accarezzare il gatto, come una vecchia strega avrebbe fatto con il suo animale preferito.
«E se,» esclamò Tony, «e se…?»
«E se che cosa?» domandò Hilary.
«Non lo so,» bofonchiò. «Il mosaico sembra ricomporsi… ma è… così strano. Forse ho rimesso insieme i pezzi in modo sbagliato. Devo rivedere tutto. Non ne sono ancora sicuro.»
«Bene, avete altre domande per me?» esclamò Mrs Yancy.
«No,» rispose Tony, alzandosi dallo sgabello. «Non mi viene in mente nient’altro.»
«Abbiamo avuto le informazioni che ci servivano,» convenne Joshua.
«Più di quanto sperassimo,» aggiunse Hilary.
Mrs Yancy sollevò il gatto, lo appoggiò sul pavimento e si alzò. «Ho già perso troppo tempo per questa stupida faccenda. Dovrei essere in cucina. Ho molte cose da fare. Questa mattina ho preparato le basi per quattro sformati, ora devo riempirle e mettere tutto in forno. Ho invitato i miei nipotini a cena e ognuno di loro ha gusti diversi in fatto di sformati. A volte quei frugoletti sono delle autentiche pesti. Ma, d’altra parte, sarei persa senza di loro.»
Il gatto saltò sullo sgabello, poi sfrecciò lungo la passatoia, oltrepassò Joshua e si rintanò sotto un tavolino.
Nel momento stesso in cui l’animale si bloccò, la casa iniziò a tremare. Due minuscoli cigni di cristallo caddero da una mensola, rimbalzando senza rompersi sullo spesso tappeto. Due quadretti incorniciati scivolarono lungo la parete. I vetri delle finestre tintinnarono.
«Il terremoto,» annunciò Mrs Yancy.
Il pavimento beccheggiò come il ponte di una nave sul mare in tempesta.
«Non c’è nulla di cui preoccuparsi,» li tranquillizzò Mrs Yancy.
Il movimento diminuì di intensità.
La terra insoddisfatta smise di brontolare e si calmò.
La casa era di nuovo tranquilla.
«Visto?» esclamò Mrs Yancy. «È passato.»
Ma Tony sentiva che stavano per arrivare altre scosse, anche se non avevano nulla a che vedere con i terremoti.
Bruno riuscì finalmente ad aprire gli occhi morti dell’altra metà di se stesso e rimase subito sconvolto da quello che vide. Non erano più gli occhi chiari, elettrizzanti e grigio azzurri che aveva conosciuto e amato. Erano gli occhi di un mostro: gonfi, semimarci e protuberanti. La parte bianca era chiazzata di marrone per il travaso di sangue ormai rappreso. Le iridi erano opache, nebulose e avevano perso l’intensità che avevano avuto in vita, per acquisire l’orribile sfumatura tipica dei lividi.
Ma più li guardava, meno gli sembravano ripugnanti. Dopotutto erano pur sempre gli occhi della sua altra metà, una parte di se stesso; gli occhi che più di ogni altro conosceva, gli occhi di cui tanto si fidava e che adorava, gli occhi che avevano fiducia in lui e che ricambiavano il suo amore. Non si limitò a guardarli, li scrutò dentro, andando oltre lo scempio superficiale, per scendere, come faceva spesso in passato, fino al punto in cui le due metà della sua anima si fondevano con passione ed entusiasmo. Non provò più le magiche sensazioni di un tempo, perché ormai gli occhi dell’altro Bruno non ricambiavano più il suo sguardo. Ma anche soltanto la possibilità di sbirciare negli occhi della metà morta risvegliò in lui i ricordi dei giorni in cui era stato un tutt’uno; ripensò al piacere puro e alla dolce soddisfazione di essere da solo con se stesso, lui e l’altro lui contro il resto del mondo, senza la paura di rimanere solo.