Si aggrappò a quel ricordo che ormai era l’unica cosa che gli restava.
Rimase a lungo seduto sul letto a fissare gli occhi di quel cadavere.
Il Cessna Turbo Skylane RG di Joshua Rhinehart sfrecciava verso nord, fendendo il vento di levante, con destinazione Napa.
Hilary abbassò lo sguardo sulle colline appassite dall’autunno che giacevano qualche migliaio di metri al di sotto delle nuvole frastagliate. Sopra, invece, c’erano solo il blu cristallino del cielo e la scia lontana e stratosferica di un jet militare.
Più distante, verso ovest, si erano addensati banchi di nuvole grigie, nere e bluastre che si spostavano in massa come navi gigantesche sulla superficie dell’oceano. Prima di sera Napa Valley, così come gran parte dello stato, si sarebbe ritrovata sotto un cielo minaccioso.
Nei primi dieci minuti di volo Hilary, Tony e Joshua rimasero silenziosi. Ognuno pensava ai propri problemi e ai propri timori.
Fu Joshua a rompere il silenzio: «Il sosia che stiamo cercando deve essere il gemello.»
«È chiaro,» confermò Tony.
«Quindi Katherine non ha risolto il suo problema ammazzando il secondo bambino,» proseguì Joshua.
«Evidentemente no,» ripetè Tony.
«Ma si può sapere chi ho ucciso io?» domandò Hilary. «Bruno o suo fratello?»
«Faremo riesumare il corpo e avremo la risposta.»
L’aereo incappò in un vuoto d’aria e di colpo perse quota quasi fosse un otto volante, prima di recuperare faticosamente la quota di navigazione.
Quando finalmente si sentì lo stomaco in posizione normale, Hilary riprese a parlare: «D’accordo, vediamo di parlarne un po’ e cerchiamo di trovare qualche risposta. Del resto tutt’e tre stiamo rimuginando sullo stesso problema. Se Katherine non ha ammazzato il fratello gemello di Bruno per evitare che venisse a galla la menzogna di Mary Gunther, che cosa ne ha fatto? Dove diavolo si è nascosto per tutti questi anni?»
«Be’, ci sarebbe sempre la teoria di Rita Yancy,» rispose Joshua pronunciando quel nome in modo tale da dare chiaramente a intendere che il benché minimo riferimento a quella donna lo infastidiva e disgustava profondamente. «Forse Katherine ha davvero abbandonato uno dei gemelli sui gradini di una chiesa o di un orfanotrofio.»
«Non saprei…» fu il commento dubbioso di Hilary. «Questa teoria non mi convince molto, ma non riesco a capire per quale motivo. Mi sembra quasi un cliché… un po’ troppo da romanzo. Maledizione. Non è quello che mi aspettavo di sentire. Non so come spiegarlo, ma ho la netta sensazione che Katherine non si sarebbe mai comportata in questo modo. È troppo…»
«Banale,» s’intromise Tony. «Anche la storia di Mary Gunther è troppo banale per i miei gusti. L’abbandono di uno dei gemelli sarebbe stata la soluzione più semplice, più veloce, più facile e più sicura anche se non la migliore dal punto di vista della morale. Ma non sempre si imbocca la strada più semplice, più veloce e più sicura. Specialmente quando si è sotto pressione. E Katherine era decisamente sotto pressione quando ha lasciato il bordello di Rita Yancy.»
«Comunque, non possiamo escludere niente,» fece notare Joshua.
«Invece sì,» insistè Tony. «Perché se decidiamo di accettare la tesi in base alla quale il fratello gemello è stato abbandonato e adottato da sconosciuti, non potremo più spiegare come ha fatto a ritrovarsi con Bruno. Dal momento che la nascita non è mai stata registrata, Bruno non avrebbe mai potuto risalire al grado di parentela. L’unica spiegazione possibile sarebbe che si sono ritrovati per caso. E, anche ammesso di accettare questa coincidenza, resterebbe da spiegare come mai il fratello, cresciuto ed educato in un ambiente completamente diverso da quello di Bruno, senza nemmeno aver conosciuto Katherine, avrebbe potuto nutrire un tale odio, per non parlare del terrore nei confronti della vera madre.»
«Non è facile,» ammise Joshua.
«Resterebbe anche da spiegare come ha fatto il fratello a sviluppare una personalità psicopatica e paranoica che combacia perfettamente con quella di Bruno,» aggiunse Tony.
Il Cessna ronzava verso nord.
Il vento picchiava contro il velivolo.
Per un minuto ripiombarono nel silenzio iniziale, all’interno dell’abitacolo bianco, rosso e giallastro del costoso e velocissimo monomotore a reazione.
Infine Joshua sbottò: «Mi dichiaro sconfitto. Non riesco a spiegarmi tutto questo. Non si capisce come abbia fatto il fratello a crescere in un ambiente completamente diverso e, allo stesso tempo, sviluppare la stessa psicosi di Bruno. La genetica non sarebbe sufficiente, questo è certo.»
«E tu che cosa ne pensi?» domandò Hilary a Tony. «Che Bruno non è mai stato separato dal fratello?»
«Forse li ha portati tutt’e due a St. Helena,» azzardò lui.
«Ma dov’è rimasto il gemello per tutti questi anni?» domandò Joshua. «Chiuso a chiave in uno sgabuzzino?»
«No,» rispose Tony. «Forse lei l’ha incontrato un sacco di volte.»
«Che cosa? Io? No. Mai. Io ho visto solo Bruno.»
«E se… e se tutt’e due si fossero chiamati Bruno? E se… si fossero scambiati di posto?»
Joshua distolse lo sguardo dal cielo per fissare Tony negli occhi. «Sta per caso cercando di dirmi che quei due hanno giocato come due bambini per quarant’anni?» chiese scettico Joshua.
«Non hanno giocato,» spiegò Tony. «O comunque per loro non si è trattato di un gioco, quanto piuttosto di una disperata e pericolosa necessità.»
«Non la seguo più,» si arrese Joshua.
Rivolgendosi a Tony, Hilary disse: «Ho capito che avevi in mente qualcosa quando hai iniziato a fare domande a Mrs Yancy a proposito dei bambini che nascono coperti dalla membrana amniotica e delle reazioni di Katherine.»
«Esatto,» confermò Tony. «Katherine continuava a parlare di un demonio e questa informazione mi ha aiutato a ricomporre una parte del mosaico.»
«Per l’amor del cielo,» sbuffò Joshua spazientito. «Le spiace smettere di fare il misterioso? Cerchi di spiegarsi in modo che anche noi due possiamo capire.»
«Scusate, ma stavo solo pensando a voce alta.» Tony si sistemò sul sedile. «D’accordo. State a sentire. Ci vorrà un po’ di tempo. Devo tornare all’inizio di tutta la storia… Per capire quello che dirò a proposito di Bruno Frye, dovete prima comprendere Katherine o, se non altro, il modo in cui la vedo io. La mia teoria è questa: in una famiglia in cui la pazzia è stata tramandata nel corso delle ultime tre generazioni, l’instabilità mentale aumenta sempre di più, come un fondo fiduciario su cui si reinvestono persino gli interessi.» Si agitò nuovamente sul sedile. «Partiamo da Leo. Era un tipo estremamente autoritario. Per essere veramente felice doveva avere la possibilità di controllare gli altri. Questo era uno dei motivi per cui riusciva così bene negli affari, ma era anche una delle ragioni per cui non aveva molti amici. Sapeva sempre come raggiungere un obiettivo e non mollava nemmeno di un’unghia. Molto spesso, i tipi aggressivi come Leo si avvicinano al sesso in modo alquanto anomalo, considerando il loro carattere: amano essere sollevati da qualsiasi responsabilità, amano cambiare ruolo e sentirsi dominati una volta tanto, anche se solo a letto. Ma non Leo. Lui nemmeno a letto. Voleva dominare anche nella sfera sessuale. Godeva nell’umiliare e nel far soffrire le proprie donne, insultandole, costringendole a esibirsi in atteggiamenti osceni, sfiorando la malvagità e il sadismo. Questo l’abbiamo saputo da Mrs Yancy.»
«C’è una bella differenza tra il pagare una prostituta per soddisfare le proprie perversioni e il fatto di molestare la propria figlia,» fece notare Joshua.
«Però sappiamo che ha abusato per anni e ripetutamente di Katherine,» suggerì Tony. «Per cui nella mente di Leo la differenza non era poi tanto grande. Con tutta probabilità riusciva a giustificare le molestie nei confronti delle ragazze di Mrs Yancy grazie ai soldi che sborsava per possederle anche se solo temporaneamente. Credo fosse un tipo con un forte senso della proprietà a cui aveva affibbiato una definizione estremamente ’liberale’. Sulla base di questa ideologia, avrebbe potuto giustificare anche gli abusi su Katherine. Un uomo di questo genere pensa a un figlio come a un’altra delle sue proprietà. Gli uomini come lui dicono ’mio figlio’, non ’mio figlio’. Per lui, Katherine rappresentava una cosa, un oggetto da utilizzare.»