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Hilary proseguì: «Crede che il fatto di collezionare cose belle fosse una reazione agli orrori della sua vita prima della morte del padre?»

«Sì,» disse Joshua. «Leo l’aveva distrutta. Aveva sconvolto la sua anima e appiattito il suo spirito privandola del rispetto per se stessa. Deve essersi odiata profondamente per avergli permesso tutto questo: forse non aveva altra scelta, ma non si è mai opposta. E magari… sentendosi così vile e inutile, ha pensato di rendere più bella la sua anima circondandosi di oggetti preziosi.»

Rimase per un attimo in silenzio, osservando quel salotto troppo pieno di mobili.

«È molto triste,» mormorò Tony.

Joshua si riprese dopo quell’attimo di fantasie. «Andiamo ad aprire le persiane e facciamo entrare un po’ di luce.»

«Non sopporto questa puzza,» bofonchiò Hilary, coprendosi il naso con una mano. «Ma se apriamo le finestre la pioggia rovinerà tutto.»

«Potremmo socchiuderle appena,» suggerì Joshua. «E qualche goccia d’acqua non potrà peggiorare la situazione in mezzo a tutta questa muffa.»

«Strano che non siano cresciuti i funghi sul tappeto,» commentò Tony.

Iniziarono ad aprire le finestre togliendo i ganci interni delle persiane e fecero entrare la luce grigiastra e l’aria profumata di pioggia. Quando la maggior parte delle finestre del pianterreno furono aperte, Joshua propose: «Hilary, qui da basso sono rimaste soltanto la cucina e la sala da pranzo. Perché non se ne occupa lei mentre io e Tony andiamo di sopra?»

«Va bene,» rispose. «Fra un minuto salgo ad aiutarvi.»

Hilary puntò il fascio di luce verso la sala da pranzo completamente buia mentre i due uomini presero a salire le scale.

Appena arrivarono sul pianerottolo del piano superiore, Tony sbottò: «Accidenti! Qui puzza ancora di più.»

Un potente tuono fece vibrare la vecchia casa. Le finestre tremarono e le porte sbatterono nei telai.

«Lei si occupi delle stanze sulla destra,» disse Joshua. «Io andrò a sinistra.»

Tony aprì la prima porta e si ritrovò nella stanza da cucito. In un angolo c’era una vecchia macchina per cucire a pedale mentre un’altra più moderna era appoggiata su un tavolino. Entrambe erano ricoperte dalle ragnatele. C’erano anche un tavolo da lavoro e due manichini.

Si avvicinò alla finestra, appoggiò la torcia a terra e cercò di togliere i ganci. Erano completamente arrugginiti. Armeggiò faticosamente mentre la pioggia continuava a battere rumorosamente contro le persiane.

Joshua diresse la luce della torcia nella prima stanza sulla sinistra e vide un letto, una credenza e una cassettiera. Sulla parete opposta si aprivano due finestre.

Varcò la soglia, avanzò di due passi e avvertì un movimento alle spalle; fece per voltarsi ma improvvisamente sentì un brivido gelido lungo la schiena che si trasformò in una scossa rovente, una fitta lancinante, un dolore sordo attraverso il corpo: capì che l’avevano pugnalato. Sentì il coltello che veniva estratto. Si voltò. La torcia illuminò Bruno Frye. Il viso dell’uomo era allucinato, demoniaco. Riabbassò il coltello e Joshua fu percorso da un altro fremito gelido. Questa volta la lama gli lacerò la spalla destra da una parte all’altra e Bruno dovette agitare e rigirare l’arma con violenza e ripetutamente per riuscire a estrarla. Joshua alzò il braccio sinistro per proteggersi. La lama si conficcò nell’avambraccio. Le gambe cedettero e lui cadde a terra. Andò a urtare il letto e scivolò sul pavimento in mezzo al suo stesso sangue; Bruno si girò e corse fuori della stanza, scomparendo nell’oscurità, lontano dalla luce della torcia. Joshua si rese conto che non aveva neppure urlato, non aveva avvisato Tony. Cercò di gridare con tutte le sue forze, ma la ferita doveva essere più seria di quanto pensasse: quando aprì la bocca, avvertì una fìtta dolorosa al petto e riuscì solo a emettere un debole, impercettibile sibilo.

Sbuffando, Tony si sforzò di aprire il gancio della finestra e alla fine riuscì a far saltare la piastrina di metallo arrugginita. Aprì i vetri e il rumore della pioggia parve amplificato. Qualche gocciolina d’acqua si infilò attraverso le strette fessure delle imposte e Tony si ritrovò con la faccia bagnata.

Anche i ganci interni erano corrosi, ma Tony riuscì a sbloccarli per spalancare le imposte; poi si sporse fuori per fissarle in modo che il vento non le facesse sbattere.

Era bagnato e aveva freddo. Non vedeva l’ora di mettersi a setacciare la casa, nella speranza di potersi riscaldare un po’.

Mentre un altro tuono risuonava come una cannonata nella valle e sopra la casa, Tony uscì dalla stanza da cucito per trovarsi davanti al coltello di Bruno Frye.

In cucina, Hilary aprì le persiane della finestra che si affacciava sul portico posteriore. Le bloccò e si fermò un attimo a osservare l’erba bagnata e i rami degli alberi scossi dal vento. In fondo al prato, a una ventina di metri, c’erano delle porte che si aprivano nella terra.

Rimase talmente sorpresa che per un attimo pensò di averle soltanto immaginate. Strizzò gli occhi per mettere a fuoco la scena attraverso la pioggia, ma le porte non si dissolsero, come si sarebbe aspettata.

In fondo al prato, il terreno si ergeva per formare una parete rocciosa e le porte erano scavate nel fianco della montagna. Erano rinforzate da una struttura in legno e da pietre cementate.

Hilary si allontanò dalla finestra e corse attraverso la cucina sudicia: non vedeva l’ora di raccontare a Joshua e Tony quello che aveva scoperto.

Tony sapeva come difendersi da un uomo armato di coltello. Era stato addestrato all’autodifesa e si era già trovato in situazioni analoghe. Ma questa volta fu colto di sorpresa da quell’attacco assolutamente inaspettato.

Con lo sguardo torvo e il viso deturpato da un ghigno orrendo, Frye gli brandì il coltello davanti al viso. Tony riuscì a schivare parzialmente il colpo, ma la lama lo ferì alla testa, di lato, lacerando la carne che prese a sanguinare.

Il dolore era lancinante.

Tony lasciò cadere la torcia che rotolò via permettendo alle ombre di calare indisturbate.

Frye era veloce, maledettamente veloce. Colpì nuovamente Tony che cercò di assumere una posizione di difesa. Stavolta il coltello affondò più deciso nella spalla sinistra e attraversò la giacca e il maglione per proseguire nei muscoli e nelle cartilagini, fra le ossa; in un attimo, Tony si ritrovò in ginocchio, con il braccio totalmente privo di forza.

Senza neppure rendersene conto, Tony riuscì ad alzare la mano destra dal pavimento e colpì Frye nei testicoli. L’uomo rimase senza fiato e annaspò all’indietro, estraendo il coltello dalla spalla di Tony.

Ignara di quanto stava accadendo di sopra, Hilary urlò dal fondo delle scale: «Tony! Joshua! Venite a vedere che cosa ho trovato!»

All’udire la voce di Hilary, Frye si voltò di scatto. Si diresse verso la scala, senza badare all’uomo ferito ma ancora vivo disteso a terra.

Tony si alzò, ma avvertì un’esplosione al braccio, come se avesse preso fuoco. Sentì la testa che girava. Lo stomaco si rivoltò. Dovette appoggiarsi contro la parete.

Riuscì soltanto a metterla in guardia: «Hilary, scappa! Scappa! Sta arrivando Frye!»

Hilary stava per chiamare di nuovo quando udì l’avvertimento di Tony. Per un attimo, non credette alle proprie orecchie, ma poi sopra la sua testa risuonarono passi pesanti e minacciosi. Hilary non riuscì a distinguere nessuno ma non aveva dubbi: era Bruno Frye.

La voce rauca e gracchiante di Frye rimbombò nella stanza: «Puttana! Puttana! Puttana! Puttana!»