Выбрать главу

Iniziò a elencare gruppi rock degli anni Sessanta. Tony non sapeva se fosse davvero andata a letto con tutta quella gente oppure se si fosse immaginata tutto o quasi, ma notò che non parlava mai di singole persone: era stata con interi gruppi, non con individui.

Non si era mai chiesto che fine facessero le ragazzine che si univano ai vari gruppi rock, buttando via i loro anni migliori nel mondo della musica. Ma aveva comunque scoperto quale destino potesse attenderle. Correvano dietro ai propri idoli, offrivano loro una muta dedizione, condividevano con loro la droga e si prestavano come pratici contenitori di sperma delle celebrità, senza pensare a ciò che ne sarebbe derivato. Poi, un bel giorno, la ragazza si trovava rovinata dal troppo alcol, dalla troppa erba, dalla cocaina e magari anche dall’eroina. Iniziava allora a notare le prime rughe attorno agli occhi e alla bocca, mentre i seni floridi davano i primi segni di cedimento: a quel punto veniva scacciata dal letto della celebrità e scopriva che non c’era nessun altro disposto ad accettarla. Se non era contraria a qualche giochetto, poteva ancora guadagnarsi da vivere per qualche anno. Ma per alcune di loro era decisamente troppo difficile poiché si consideravano «fidanzate» e non «puttane». Molte di loro si erano così precluse il matrimonio, perché avevano visto e fatto decisamente troppo per potersi rassegnare a una tranquilla vita fra quattro mura. Una di loro, Lana Haverby, aveva trovato lavoro a Las Palmeras, ma considerava tale sistemazione come provvisoria, nell’attesa di tornare a far parte del bel mondo.

«Quindi non starò qui ancora per molto,» proseguì. «Presto me ne andrò. Può accadere da un momento all’altro, sa? Sento che sta per succedermi qualcosa di bello. Ho delle vibrazioni positive, capisce?»

La sua situazione era indubbiamente triste e Tony non riuscì a dire nulla che potesse rallegrarla. «Ehm… be’… le auguro tutta la felicità di questo mondo,» mormorò in tono stupido. Le passò davanti e uscì.

Il guizzo di vitalità scomparve dai suoi occhi e Lana riprese la posa disperata di prima, con le spalle indietro e il petto in fuori. Il viso era stanco e tirato. La pancia stava ancora lottando contro la cintura dei pantaloncini. E i fianchi erano decisamente troppo larghi per quei giochetti da ragazzina. «Ehi,» sussurrò, «se ti capita di aver voglia di un goccio di vino e, be’, insomma, quattro chiacchiere…»

«Grazie.»

«Voglio dire, fermati pure quando vuoi, sempre che, insomma, tu non sia in servizio.»

«Può darsi che lo faccia,» mentì. Poi, rendendosi conto di essere stato poco convincente e deciso a dire qualcosa prima di andarsene, proseguì: «Hai delle belle gambe.»

Era vero, ma la donna non sapeva accettare un complimento. Fece una smorfia, si afferrò i seni con le mani ed esclamò: «Di solito sono le mie tette che attirano l’attenzione.»

«Be’… ci vediamo,» bofonchiò lui, girandosi e dirigendosi verso la macchina.

Dopo pochi passi, si voltò e notò che la donna era rimasta in piedi accanto alla porta, con la testa piegata da un lato e lontana mille miglia da lui e da Las Palmeras: stava ascoltando i deboli sussurri che cercavano di spiegarle il significato della vita.

Mentre Tony saliva in macchina, Frank esclamò: «Pensavo ti avesse afferrato con i suoi artigli. Stavo per chiamare una squadra speciale per venire in tuo aiuto.»

Tony non trovò la battuta divertente.

«È triste.»

«Che cosa?»

«Lana Haverby.»

«Mi stai prendendo in giro?»

«Tutta la situazione.»

«E solo una puttana da quattro soldi,» sbottò Frank. «Ma che cosa ne dici del nostro amico Bobby che compera una Jaguar?»

«Se non ha rapinato una banca, c’è solo un modo in cui può essersi procurato tutti quei soldi.»

«Droga,» intervenne Frank.

«Cocaina, erba, forse PCP.»

«Questo ci mette su una nuova strada per cercare quel bastardo. Possiamo girare per le strade e mettere sotto torchio gli spacciatori che già conosciamo, le persone che sono state pizzicate perché vendevano droga. Forse anche a loro dà fastidio e, visto che hanno da rimetterci, può darsi che ci consegnino Bobby su un vassoio d’argento, se solo sanno dove abita.»

«Nel frattempo,» intervenne Tony, «è meglio che chiami la Centrale.»

Voleva che controllassero i dati relativi a una Jaguar nera registrata a nome di Juan Mazquezza. Se fossero riusciti a ottenere il numero di targa, sarebbe stato un gioco da ragazzi ritrovare l’auto di Bobby.

Non significava ovviamente che l’avrebbero trovato subito. In un’altra città, un uomo ricercato come Bobby non sarebbe riuscito a rimanere libero per molto tempo. Sarebbe stato individuato o incastrato nel giro di qualche settimana. Ma Los Angeles non era una città come le altre: in termini di superficie era più grande di qualsiasi altro centro urbano del paese. Los Angeles si estendeva su oltre milletrecento chilometri quadrati: copriva una volta e mezzo i sobborghi di New York, dieci volte quelli di Boston ed era grande la metà dello stato di Rhode Island. Considerando anche gli stranieri illegali, che i normali censimenti non comprendevano, nell’intera area metropolitana vivevano circa nove milioni di persone. In quel labirinto di strade, vicoli, autostrade, colline e vallate un evaso intelligente poteva sopravvivere per parecchi mesi, agendo alla luce del sole con estrema tranquillità, come un qualsiasi cittadino.

Tony accese la radio che era rimasta spenta tutta la mattina, chiamò la Centrale e chiese di controllare Juan Mazquezza e la sua Jaguar.

La donna che rispose al centralino aveva una voce suadente. Dopo aver preso nota della richiesta di Tony, lo informò che due ore prima era giunta una chiamata per lui e Frank. Erano le 11.45. Il caso di Hilary Thomas era stato riaperto e gli agenti che avevano risposto alla chiamata alle 9.30 li stavano aspettando a Westwood.

Riappendendo il microfono, Tony lanciò un’occhiata a Frank e sbottò: «Lo sapevo! Dannazione, sapevo che non stava mentendo!»

«Aspetta a parlare,» lo rimproverò Frank. «Probabilmente si tratta di un’altra sua invenzione.»

«Non cedi mai, vero?»

«Non quando so di aver ragione.»

Qualche minuto più tardi, si fermarono davanti alla casa della Thomas. Nel vialetto d’ingresso erano posteggiate due automobili della stampa, una pattuglia della polizia e la station wagon del laboratorio.

Mentre scendevano dalla macchina e si dirigevano verso la casa, un agente in uniforme andò loro incontro. Tony lo conosceva: si chiamava Warren Prewitt. Si fermarono a metà strada.

«Siete stati voi a ricevere la chiamata la scorsa notte?» chiese Prewitt.

«Esatto,» rispose Frank.

«Come mai? Lavorate ventiquattr’ore al giorno?»

«Ventisei,» precisò Frank.

Tony intervenne: «Come sta la donna?»

«Un po’ scossa,» rispose Prewitt.

«È ferita?»

«Qualche escoriazione sul collo.»

«Niente di serio?»

«No.»

«Che cos’è successo?» domandò Frank.

Prewit spiegò in breve ciò che Hilary Thomas gli aveva raccontato.

«Esistono prove che dica la verità?» si informò Frank.

«So come la pensi su questo caso,» ribattè Prewitt. «Ma abbiamo le prove.»