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A metà giornata, Frittella cominciò a lamentarsi. Il sedere gli faceva male, disse loro, la sella gli stava scorticando l’interno delle gambe e lui doveva dormire un po’. «Sono talmente stanco che finirò per cadere da cavallo.»

«Se succede, chi pensi che lo troverà per primo?» Arya scambiò un’occhiata con Gendry. «I lupi o i Guitti?»

«I lupi» rispose Gendry. «Hanno nasi migliori.»

Frittella aprì la bocca, poi la richiuse. Non cadde da cavallo. Poco tempo dopo, la pioggia ricominciò a cadere. Non avevano ancora visto neppure un raggio di sole. Faceva anche più freddo, nebbie livide fluttuavano tra i pini, allargandosi sulla desolazione dei vicini campi bruciati.

Gendry se la stava passando male quasi quanto Frittella, ma era troppo cocciuto per lamentarsi. Sedeva goffamente sulla sella, con la consueta espressione determinata sotto i capelli neri arruffati. Arya però capiva che non era un buon cavaliere. “Avrei dovuto ricordarmene” disse a se stessa. Per quanto indietro andasse con la memoria, rammentava di aver sempre cavalcato, pony da piccola e cavalli normali in seguito, ma Gendry e Frittella erano cresciuti in città, e in città il popolino andava a piedi. Quando avevano lasciato Approdo del Re, Yoren, il confratello reclutatore dei Guardiani della notte, aveva dato loro delle cavalcature. Solo che stare seduti su un somarello, arrancando dietro una carovana di carri, era un conto, condurre un cavallo da caccia attraverso boschi selvaggi e campi distrutti dal fuoco era tutt’altra faccenda.

Da sola, Arya avrebbe fatto molto più in fretta, lo sapeva, ma non poteva abbandonare Gendry e Frittella: erano il suo branco, i suoi amici, i soli amici ancora in vita che le rimanessero. Inoltre, se non fosse stato per lei, loro sarebbero stati ancora a Harrenhal, Gendry a sudare alla forgia e Frittella nelle cucine. “Se i Guitti sanguinari ci prendono, dirò loro che sono la figlia di Ned Stark e la sorella del re del Nord. Gli ordinerò di portarmi da mio fratello, e di non fare del male a Gendry e a Frittella.” Ma loro potevano non crederle, e se anche lo avessero fatto… Lord Bolton era uno degli alfieri di suo fratello, ma Arya era comunque spaventata da quell’uomo pallido e sinistro. “Non permetterò che ci prendano” giurò silenziosamente, la mano che si spostava dietro la schiena, alla ricerca dell’elsa della spada che Gendry aveva rubato per lei. “Non lo permetterò!”

Nel tardo pomeriggio, emergendo dagli alberi, si ritrovarono sulle rive di un fiume.

Frittella lanciò un grido di gioia. «Il Tridente! Adesso dobbiamo solo risalire verso monte, come hai detto tu. Ormai ci siamo!»

Arya si morse il labbro. «Non credo che questo sia il Tridente.» Il fiume era ingrossato dalle piogge, ma anche così non poteva essere largo più di venti piedi. E lei ricordava che il Tridente era ben più vasto. «È troppo piccolo per essere il Tridente» disse loro. «E non abbiamo fatto abbastanza strada.»

«Sì che l’abbiamo fatta» insistette Frittella. «È tutto il giorno che cavalchiamo, quasi senza fermarci. Dobbiamo averne fatta un mucchio, di strada.»

«Diamo un’altra occhiata a quella mappa» propose Gendry.

Arya smontò, tirò la fuori mappa, la srotolò. La pioggia martellò contro la pelle di pecora, colando via a rivoli. «Siamo da qualche parte qui, penso» disse, indicando un punto ai due ragazzi.

«Ma… Sembra che non ci siamo nemmeno mossi» fece Frittella. «Non vedi? Harrenhal è lì dove c’è il tuo dito, e la stai quasi toccando. È tutto il giorno che cavalchiamo!»

«Ci sono miglia e miglia prima di raggiungere il Tridente» ribatté Arya. «Prima che ci arriviamo, passeranno giorni. Questo dev’essere un altro fiume, uno di questi qui, vedi?» indicò alcune delle linee blu più sottili che il cartografo aveva segnato, ciascuna accompagnata dal nome vergato a caratteri raffinati. «Il Darry, la Mekyverde, la Fanciulla… Qui, questo: il Piccolo Salice, potrebbe essere questo.»

Frittella alzò lo sguardo dalla linea azzurra sulla mappa al fiume davanti a loro. «A me non mi pare mica così piccolo.»

Anche Gendry era perplesso. «Quello che stai indicando va a gettarsi in quest’altro, vedi?»

«Il Grande Salice» lesse Arya.

«Il Grande Salice, allora. E il Grande Salice si getta nel Tridente, per cui possiamo seguire uno e poi l’altro, ma dovremo dirigerci a valle, non a monte. Solo che… Se questo fiume non è il Piccolo Salice, se invece è quest’altro quassù…»

«Ruscello Increspato» lesse di nuovo Arya.

«Ecco, questo fa un giro e torna nell’Occhio degli Dèi.» Gendry ne seguì il percorso con la punta del dito. «Verso Harrenhal.»

«No!» Frittella sbarrò gli occhi. «Ci uccidono di sicuro!»

«Dobbiamo sapere quale fiume è questo» dichiarò Gendry nel suo tono più ostinato. «Dobbiamo saperlo.»

«Be’, non lo sappiamo.» C’erano dei nomi scritti accanto alle linee blu sulla mappa, me nessun nome scritto sulla sponda. «Non andiamo né a monte né a valle» decise Arya, arrotolando di nuovo la mappa. «Attraversiamo e continuiamo verso nord, come abbiamo fatto fin dall’inizio.»

«Ma i cavalli sanno nuotare?» chiese Frittella. «Sembra profondo, Arry. E se ci sono serpenti?»

«Sei proprio sicura che stiamo andando a nord?» chiese Gendry. «Con tutte quelle colline… Potremmo aver svoltato dalla parte opposta…»

«Il muschio sui tronchi…»

Gendry indicò un albero. «Su quello il muschio cresce su tre lati, e su quell’altro vicino di muschio non c’è nemmeno l’ombra. Possiamo esserci perduti, andando in cerchio e basta.»

«Potremmo esserci perduti, certo» disse Arya. «Ma io questo fiume lo attraverso comunque. Se volete venire, venite. Se no, restate.»

Tornò a montare in sella, ignorando entrambi. Se non volevano seguirla, che Delta delle Acque se la trovassero da soli, anche se, molto probabilmente, sarebbero stati i Guitti sanguinari a trovare prima loro.

Fu costretta a cavalcare lungo la sponda per almeno mezzo miglio prima d’individuare un punto in cui il guado sembrava sicuro. Ma perfino il suo cavallo esitava a entrare in acqua. Il fiume, quale che fosse il suo nome, si muoveva torbido e veloce. Nel centro, nel punto più profondo, l’acqua salì al di sopra del ventre del cavallo. Gli stivali le si riempirono d’acqua, ma Arya continuò a dare di speroni e finalmente risalì sulla sponda opposta. Alle sue spalle, echeggiò un tonfo liquido, seguito dal nitrito nervoso di un altro cavallo. “Allora mi hanno seguito. Bene.” Si girò a osservare i due ragazzi che lottavano nel guado per poi arrivare grondanti al suo fianco. «Non era il Tridente» disse loro. «Ne sono sicura.»

Il fiume successivo era più basso e risultò quindi più facile da superare. Nemmeno questo era il Tridente, e nessuno ebbe nulla da ridire quando Arya decise di attraversarlo.

Stava calando il crepuscolo quando si fermarono di nuovo a far riposare i cavalli e a consumare un altro pasto a base di pane e formaggio.

«Ho freddo e sono bagnato» si lamentò Frittella. «Adesso siamo ben lontani da Harrenhal, ne sono sicuro. Potremmo accendere il fuoco…»

«No!» Arya e Gendry lo dissero nello stesso istante e Frittella continuò a berciare per un altro po’. Arya lanciò a Gendry un’occhiata obliqua. “Lo ha detto all’unisono con me, proprio come faceva Jon, su a Grande Inverno.” Tra i suoi fratelli, era Jon Snow che le mancava più di tutti.

«Possiamo almeno dormire un po’?» chiese Frittella. «Sono così stanco, Arry, e mi fa male il culo. Mi sa che ho le vesciche.»

«Mi sa che avrai qualcosa di peggio delle vesciche se ti prendono» rispose lei. «Dobbiamo andare avanti. A ogni costo.»

«Ma è quasi buio. E non si vede neanche la luna.»