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«Non so se fossero oche Toulouse, però ricordo che erano enormi. Dovevo dare loro da mangiare ogni giorno,» rivelò Delanna. «Io le odiavo.»

Il veterinario scostò goffamente le piume dell’oca. «L’odio non sembra essere durato.»

Delanna arricciò il naso. «Vista la puzza di queste oche, potrebbe tornare molto in fretta,» replicò, ma continuò a tenere stretta l’oca mentre il veterinario le spruzzava l’ala di colorante.

Quando tutte e tredici le oche poterono sfoggiare macchie verdi sulle loro ali sinistre e vennero messe al sicuro in gabbie pulite, Delanna seguì il veterinario fuori dal recinto. Doc Lyle prese il fascio di fogli e iniziò a inserire i dati nel computer.

Delanna si avvicinò all’entrata del magazzino e guardò all’esterno. Non vide alcun segno che stesse arrivando qualcuno, neppure Jay Madog o il pilota. Tornò di nuovo dentro, tirò giù dalla parte superiore della cassa un sacco di mangime e iniziò a distribuirlo agli uccelli in gabbia. Il cibo fece svanire come per magia la ritrosia dei pennuti, che si accalcarono l’uno sull’altro, starnazzarono e inghiottirono i chicchi mentre ancora cadevano dal sacco. Chinandosi, Delanna sparse i chicchi come ricordava di avere fatto molti anni prima: tracciando una lunga scia lungo i bordi della gabbia, in modo che tutte le oche, non solo quelle più grandi, potessero mangiare.

«Ma bene, vedo che sei ancora qui,» commentò Jay Madog. «E quel tuo amico non c’è, il che significa che posso darti un passaggio in città.» Si protese verso di lei. «E poi andremo al lago di cui ti ho parlato.»

Doc Lyle sollevò lo sguardo dal terminale. «Penso che dovresti sapere che l’amico che sta aspettando è Sonny Tanner,» annunciò.

«Davvero?» Jay si avvicinò alla panca, infilò la mano sotto di essa e prese la sacca di Delanna. «Tu conosci Sonny Tanner? È davvero un brav’uomo.»

«Penso che dovresti anche sapere che questa è Delanna Milleflores,» aggiunse Doc Lyle.

«Delanna…» mormorò Jay, chiaramente sbalordito. «Tu sei la figlia di Serena Milleflores?» Sembrava provare un misto di sorpresa e di un’altra emozione che Delanna non riuscì a identificare.

«Pensavo solo che dovessi saperlo,» commentò Doc Lyle in tono divertito. «Prima di portarla a fare quella nuotata al chiaro di luna. Non che saperlo possa impedirtelo.»

Delanna li guardò con sorpresa, chiedendosi cosa ci fosse sotto.

«Ma io pensavo di averti sentito dire che saresti rimasta solo fino a domani mattina,» affermò Jay, tendendole la sacca.

«Ed è proprio così,» confermò Delanna, ma prima che potesse prendere la sacca, da essa provenne un sonoro ruggito.

Jay quasi la lasciò cadere di scatto. «Ma cosa diavolo c’è qui dentro?» esclamò.

Delanna afferrò la sacca, la depose frettolosamente a terra e la aprì. La sacca ruggì di nuovo.

«Sì, cosa c’è lì dentro?» chiese Doc Lyle, comparendo da dietro la cassa.

«È tutto a posto,» li rassicurò Delanna. «È solo Cleopatra, il mio scarabeo. Evidentemente ha un po’ di fame.»

Delanna tirò fuori lo scarabeo dalla sacca e lo coccolò dolcemente, mentre il morbido ventre dell’animale aderiva contro il petto e il muso peloso le sfiorava il mento. Quando si rese conto di essere al sicuro tra le braccia di Delanna, Cleopatra iniziò immediatamente a fare le fusa.

«Cos’è?» chiese Jay, tenendosi a distanza di sicurezza. «Qualche tipo di grosso scarafaggio?»

«È uno scarabeo,» gli spiegò Doc Lyle, poggiando il fascio di fogli su un angolo della cassa e tendendo le mani verso Delanna. «Non ne avevo mai visto uno da vicino prima d’ora. È davvero uno scarabeo?»

Delanna annuì e avvicinò la guancia contro la piastra che copriva la spalla di Cleopatra per tenerla ferma: l’animale aveva visto le braccia tese del veterinario e non voleva andare con lui. «Non ti farà del male.» le sussurrò, poi, rivolta a Doc Lyle, aggiunse, «Probabilmente ruggirà di nuovo.»

Il veterinario prese lo stesso lo scarabeo, in modo fermo ma gentile. Cleo si ritrasse nelle sue piastre, ma non ruggì. «Devi passare molto tempo a lucidare queste piastre,» commentò Doc Lyle in tono ammirato. «Sembra un cesto pieno di gioielli.»

«Non avevo molto altro da fare durante il viaggio. E poi le piastre di Cleo hanno dei motivi bellissimi, vero?»

Doc Lyle annuì e andò a mostrare lo scarabeo a Jay Madog, che si irrigidì. «Non ha nulla a che vedere con gli scarafaggi,» affermò Doc Lyle, girando Cleo con attenzione per osservarle il ventre. «Appartiene alla specie Scaraeoptera, originaria di Rebe Quarto. Su Keramos non esiste nessuno scaraeoptera.» Da tutte e sei le zampe dell’animale spuntarono unghie sottili come aghi e Cleopatra ringhiò per scoraggiare l’esame, ma il veterinario non si lasciò intimorire. Tirò una delle zampe dell’animale e, poiché era molto più forte dello scarabeo, riuscì a farla allungare fino al ginocchio. «Dovrebbe allungarsi di più,» commentò Doc Lyle, voltandosi verso Delanna. Jay Madog si allontanò, come se improvvisamente fosse molto interessato ai documenti sulla cassa. «Si tratta di un arto retrattile, vero? Non voglio farle male.»

Delanna allungò una mano, sbloccò il ginocchio di Cleopatra ed estese la zampa coperta di peluzzi in tutta la sua lunghezza. «Quando le zampe sono in piena estensione, mi arrivano alla vita, ma Cleo è pigra e non ha mai dovuto fare attenzione a qualcosa che fosse più alto di un marciapiede. Si estende solo di rado. Di solito cammina tenendosi vicina al suolo.»

Cleo ritrasse la zampa non appena Delanna la lasciò andare, ma sporse il muso. Gli occhi sfaccettati, posti sopra le narici, luccicavano come gioielli e quando Cleo riconobbe Delanna sollevò le membrane nittitanti che coprivano gli occhi anteriori.

«Un esemplare interessante,» commentò Doc Lyle, poi fissò Delanna. «Ma temo che dovrò sequestrarlo.»

«Sequestrarlo!»

«È proibito importare qualsiasi animale su Keramos, tranne quelli certificati come appena nati, oppure quelli nati in viaggio e in un ambiente sterile. Qui non abbiamo risorse sufficienti per effettuare nessun altro tipo di controllo per evitare il diffondersi di malattie e possiamo fare ancora di meno per eliminare i parassiti che potrebbero nascondersi su un animale adulto.»

«Ma Cleo non ha parassiti!» protestò Delanna, iniziando a frugare nel suo portadocumenti. «Ho il suo certificato di buona salute. Ha fatto tutte le vaccinazioni.»

Doc Lyle scosse la testa. «È un animale adulto. Non posso permettere che entri su Keramos.»

«Ma allora… posso almeno rimandarla sulla navetta?»

«È già partita,» la informò Jay.

Il veterinario rivolse a Delanna uno sguardo severo. «Gli animali provenienti da altri mondi costituiscono una minaccia per le forme di vita di Keramos.»

«Non potrei semplicemente tenerla nella mia sacca?» chiese Delanna, tendendo le mani. Cleo estese le zampe anteriori ed emise un ruggito sommesso. «Ha una serratura e prometto che non la farò uscire di lì; tanto dormirà per tutto il tempo. E la terrò lontana dagli altri animali.»

«Mi dispiace, ma le leggi sono le leggi.» Lyle si girò, portando con sé lo scarabeo.

«Cosa ne farà di lei?» gli chiese Delanna, seguendolo. «Non sapevo che non avrei dovuto portarla giù con me. Sulla nave nessuno mi ha avvertito che portarla sul pianeta costituiva una violazione delle leggi di Keramos e a me non è neppure passato per la mente…»

Lungo la parete c’era una fila di gabbie. Il veterinario ne aprì una e vi depose Cleo. Lo scarabeo si raggomitolò su se stesso, fino a quando non sembrò una palla ingioiellata al centro della gabbia. Il veterinario chiuse di nuovo il lucchetto, si mise la chiave in tasca e poi si avviò verso una grande scatola metallica con un pannello di controllo.