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«Ma io non sto tentando di importarla,» obiettò Delanna. «Io rimarrò qui solo un giorno.»

Doc Lyle sembrò riflettere per qualche istante. «Prenderai la navetta domani?»

«Pensavo che avessi detto che questa era Delanna Milleflores,» intervenne Jay.

«Ed è proprio così,» confermò Delanna. «Ma sono qui solo per firmare alcuni documenti. Non mi fermerò neppure un giorno. E Cleo non ha alcuna malattia o parassita o qualsiasi altra cosa. È stata sterilizzata, ha fatto tutte le vaccinazioni. Vede, ecco il suo certificato medico.» Lo spinse sotto il naso del veterinario.

Doc Lyle non gli diede neppure un’occhiata. Allungò una mano verso un armadietto posto sopra la scatola metallica e prese uno spesso taccuino. Iniziò a sfogliarlo, leggendo le pagine con attenzione.

«Ha detto che su Keramos non esiste nessuno scaraeoptera,» proseguì Delanna in tono incalzante. «A scuola ho imparato che le malattie non si trasmettono da una specie all’altra, dunque Cleo non può infettare nessun altro animale.»

«Io lascerei perdere,» mormorò Jay, prendendola per un braccio. «Con Doc Lyle è inutile discutere: per lui l’unica cosa importante è rispettare le leggi.»

Allora spero che trovi una legge che permetta a Cleo di rimanere, pensò Delanna.

Evidentemente il veterinario ci riuscì. Dopo pochi minuti, poggiò un dito su un passaggio e lesse, «L’animale non deve essere considerato ufficialmente importato fino a quando non sia stato sottoposto ai necessari controlli e non abbia lasciato lo spazioporto. Il trattamento dell’animale deve essere completato entro ventiquattro ore. Fino a quel momento, l’animale non è stato importato e, conseguentemente, un’eventuale richiesta di importazione non può essere rifiutata.» Sollevò lo sguardo. «Sei sicura che impiegherai non più di ventiquattro ore per firmare quei documenti?»

«Sì, ne sono sicura,» gli assicurò Delanna.

«Allora fino a quando l’animale rimane qui e non viene sottoposto al trattamento, non ho trovato nulla nelle nostre leggi che ti impedisca di portarlo di nuovo con te sulla Scoville.» Prese la chiave dalla tasca e aprì il lucchetto della gabbia di Cleo.

«Oh, benissimo!» esclamò Delanna.

«Per precauzione, la metterò in una gabbia isolante,» spiegò Doc Lyle, aprendo la gabbia. Cleo continuò a conservare l’aspetto di una palla ingioiellata. «In questo modo non ci sarà alcun rischio di esporla a qualsiasi altro animale.» Portò lo scarabeo fino a una gabbia trasparente con numerosi quadranti sulla parte anteriore e ve lo mise dentro.

«Va bene,» si arrese Delanna, osservando Cleo. Detestava la prospettiva di lasciarla lì, ma non voleva neppure mettere a dura prova la propria buona sorte; con un po’ di fortuna, l’indomani mattina avrebbe visto l’avvocato molto presto, in modo da essere di ritorno verso mezzogiorno. Si avvicinò alla gabbia e poggiò una mano sul lato trasparente per consolare lo scarabeo. Cleo allungò prima una zampa dal carapace, poi un’altra e infine sporse anche la testa. Cercò di toccare la mano di Delanna, percepì la barriera, ritrasse di nuovo la testa. Delanna emise un sospiro.

«Non preoccuparti,» la rassicurò Jay. Delanna sentì le mani dell’uomo posarsi sulle proprie spalle. «Non le succederà niente. Doc Lyle si prenderà buona cura di lei.»

Ma Delanna scosse la testa. «Rimarrà così fino a quando non sarò tornata. Povera piccola, è spaventata.» Sospirando di nuovo, Delanna esitò per un istante: detestava davvero dover lasciare lo scarabeo. «È solo fino a domani,» affermò, dando un ultimo colpetto sul lato trasparente della gabbia. Fece per girarsi, ma le mani di Jay erano ancora sulle sue spalle.

«Adesso sei pronta per quel passaggio in città?» le chiese Jay, dando alle spalle una strizzatina finale prima di lasciarle andare. Quando Delanna si girò, vide che aveva la sacca tra le mani. Annuì e allungò la mano per prenderla, ma Jay ancora una volta non mollò la presa.

«La porterò…»

«Yuuu!» provenne un grido dall’esterno.

Si girarono tutti e videro un uomo stagliato sulla soglia.

«Sono quelle le mie oche?» chiese il nuovo arrivato in tono apparentemente felice. Entrò sotto le luci del magazzino: una figura alta e sottile che indossava pantaloni larghi con gli orli rovesciati e una camicia a fiori arancione. Portava la giacca sulla spalla e in testa indossava un berretto rosso. «Sono arrivate tutte e dodici?» chiese, porgendo un fascio di fogli al veterinario e affrettandosi verso il recinto: ovviamente non poteva non sapere con esattezza dove si trovassero le oche, visti gli starnazzi che emettevano. «Ma guarda!» esclamò dopo un istante. «Si è schiuso anche l’uovo in omaggio! Grazie, Doc, per avermi raccomandato le oche Juno. Non avrei mai creduto che sarebbero riuscite ad arrivare sane a salve tutte e tredici.»

«Ecco perché i conti non tornavano,» commentò Jay, scuotendo la testa. «Hai prenotato spazio solo per sei di quelle oche nella Cane Pazzo.»

«È tutto a posto,» si affrettò a rassicurarlo l’uomo. «Posso portarle tutte e tredici: ho comprato un nuovo rimorchio e sono venuto con il mio solaris dal lanzye. Adesso è da Grayson: uno dei motori ha bisogno di qualche riparazione. Trasporteremo le altre sette nel rimorchio e metteremo il resto del mio carico nel tuo rimorchio.»

«Avrai bisogno di altri sette permessi,» lo avvertì Doc Lyle. «Non posso consegnarti queste oche senza prima avere i loro permessi di importazione, ma tu ne hai solo sei.»

E le leggi sono le leggi, pensò Delanna, anche se si tratta solo di uova.

«Me li farò dare da Maggie quando andrò in città,» rispose l’uomo, sollevando lo sguardo. Vide Delanna e rimase a bocca aperta.

«È questo Mr. Tanner?» chiese in tono dubbioso Delanna. Sperò ardentemente che non lo fosse. Non somigliava per nulla al ragazzo dai capelli biondi che ricordava: era vestito così male e sembrava così stupido! La stava ancora fissando a bocca aperta.

«Sì, è lui, Delanna. Non riconosci tuo…» fece Doc Lyle.

L’uomo lo interruppe. «Tu non puoi essere Delanna,» affermò stupidamente. «Tu dovresti essere al terminal.»

«Riprovaci,» intervenne Jay. «Lei è proprio qui.»

«Come stai?» gli chiese educatamente Delanna, come le avevano insegnato a scuola. «Io sono Delanna Milleflores. Tu, invece, devi essere Tarleton Tanner.»

«Tarleton?» ripeté Jay con un sogghigno.

«Tutti mi chiamano Sonny,» le spiegò il nuovo arrivato, arrossendo leggermente mentre si puliva la mano sui pantaloni e la tendeva verso Delanna. Quando la ragazza esitò a stringerla, se la pulì di nuovo sui pantaloni. «Non ho toccato le oche,» si giustificò Sonny: evidentemente stava cercando di capire perché Delanna non volesse stringergli la mano.

«Ma l’ho fatto io,» affermò Delanna, stringendogli la mano con decisione.

Sonny le rivolse un sorriso timido mentre le stringeva la mano… con troppa forza!

«Mi dispiace!» si scusò immediatamente quando vide Delanna fare una smorfia di dolore, poi ritrasse di scatto la mano come se avesse ricevuto una scarica elettrica. Agitò la mano e fletté le dita. «Non intendevo… Fiuu! Eri dentro con le oche, vero?»

«Avevo un po’ di tempo da far passare,» rispose Delanna in tono gelido, «e così ho aiutato il veterinario.»

«Sì,» confermò Doc Lyle, prendendo un fascio di fogli da fare firmare a Sonny. «È una fortuna che tu sia arrivato proprio in questo momento. Jay Madog era sul punto di andare via con tua…»

«Stavo solo per offrire a Delanna un passaggio in città,» lo interruppe Jay. «Dove sei stato?»

«Sono dovuto passare a ritirare il rimorchio prima che il negozio chiudesse. Sarei andato a prendere Delanna al terminal subito dopo aver dato un’occhiata alle oche, ma adesso risparmieremo un po’ di tempo perché non dovrò andare al terminal.»