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«Giusto,» commentò Delanna. «Visto che io sono qui, vero?»

«Giusto!» esclamò Sonny, quasi raggiante.

Alle sue spalle, Jay sussultava nel tentativo di reprimere una risata.

Sul volto di Doc Lyle non comparve neppure un sorriso. «Adesso devi accompagnare Delanna in città, Sonny,» dichiarò, controllando i documenti firmati. «Ha avuto una giornata molto lunga e probabilmente è stanca. Puoi portarmi i permessi dopo che l’avrai fatta sistemare in albergo.»

«In albergo,» ripeté Sonny, prima annuendo, poi scuotendo la testa. «Ma la tua lettera diceva che, per prima cosa, volevi incontrare l’avvocato.» Sembrava confuso.

«Presumevo che saremmo andati dall’avvocato domani mattina.»

«Lo faremo questa sera,» le spiegò Sonny.

Delanna impiegò un istante per capire che anche su Keramos era possibile incontrare un avvocato a qualsiasi ora, come su Rebe Primo. Aveva presunto che tutti i posti pubblici di accesso ai terminali vega di Grassedge chiudessero al tramonto, come tutto il resto. Tranne i bar, ricordò a se stessa, e la sala da ballo. Ma se l’avvocato era disposto a incontrarli quella sera, tanto meglio. Sarebbe potuta tornare prima al magazzino per prendere Cleo.

Finalmente Sonny si accorse della sacca tra le mani di Jay. «Questa è tua?» chiese a Delanna, allungando una mano verso il bagaglio.

«Potrei ancora accompagnarti all’albergo,» si offrì Jay, resistendo al tentativo di Sonny di toglierli di mano la sacca.

Delanna quasi accettò, ma poi scosse la testa. «Gli affari che devo sbrigare sono con… Sonny,» rispose, ormai sicura, dopo averlo conosciuto, che avrebbe avuto bisogno di ogni minuto disponibile per assicurarsi che quel bifolco si rendesse conto che anche lui doveva essere presente dall’avvocato.

Jay lasciò andare la sacca. «Be’, allora, sarà per la prossima volta,» affermò, chiaramente dispiaciuto.

«È improbabile che ci si riveda,» replicò Delanna in tono cortese.

«Sarò in lutto per trenta giorni,» annunciò Jay con gli occhi che luccicavano.

«Io scommetterei più su trenta minuti,» rispose Delanna con una risata. Jay scrollò le spalle.

«Andiamo,» annunciò Sonny, girandosi di colpo. Uscì dal magazzino a passi brevi e veloci, portando la sacca di Delanna e spingendo una delle gabbie delle oche oltre le ombre e verso la luce del sole. Delanna rivolse uno sguardo di rimpianto a Cleo, ancora raggomitolata in una piccola palla.

«Grazie per il tuo aiuto, ragazza,» le disse Doc Lyle. «Ci vedremo domani. E non preoccuparti per il tuo scarabeo: me ne prenderò buona cura.»

«Sei sicura che non hai cambiato idea sul rimanere?» le chiese Jay, prendendole la mano. «Da queste parti abbiamo bisogno di una quantità maggiore di stupende ragazze dai capelli rossi.» Delanna sentì qualcosa passare dal palmo di Jay al proprio.

«Ne sono sicura,» rispose Delanna. «Addio,» disse rivolta a entrambi, poi si girò per seguire Sonny, che era già uscito.

Si fermò sulla soglia per vedere cosa le avesse passato Jay: era un biglietto da visita, fatto di vera carta, come i manifesti di carico.

Jay Madog
Capitano delle carovana della prateria Mad Dog
Chiamate il 5373 notte e giorno a Grassedge
Se non risponde nessuno, provate con la frequenza
139 della radio.

Delanna si affrettò a uscire dal magazzino.

CAPITOLO SECONDO

Sonny la stava aspettando all’esterno, ancora reggendo la sacca. Delanna guardò di nuovo il biglietto, memorizzando il numero, poi lo infilò in tasca.

«Io non mi immischierei con Jay Madog, se fossi in te,» le consigliò Sonny.

Devo solo resistere la prossima mezz’ora, pensò Delanna. Poi, non appena avrò incassato i soldi, lo ucciderò.

«Voglio incontrare l’avvocato il più presto possibile,» dichiarò in tono tagliente. «Hai preso un appuntamento?»

«Appuntamento?» ripeté Sonny, come se non avesse la più pallida idea del significato della parola, poi rimase lì impalato con un’espressione stolida.

«Sì: un’ora stabilita in cui andremo a incontrarlo.»

Invece di rispondere, Sonny scomparve improvvisamente oltre l’angolo dell’edificio e tornò tirandosi dietro un grande rimorchio, sul cui pianale, in un angolo, era stata poggiata la gabbia con le oche mentre la sacca di Delanna era stata sistemata sul lato opposto, sopra la giacca di Sonny. Le oche stavano starnazzando freneticamente.

«Devi venire anche tu per firmare i documenti,» gli spiegò Delanna. «Abbiamo bisogno di un appuntamento.»

«Potremo incontrare Miz Barlow in qualsiasi momento arriveremo in città,» rispose Sonny, sollevando l’asta del rimorchio e dandogli uno strattone che fece starnazzare le oche ancora pili forte. «Dunque muoviamoci.»

«Non vorrai certo portare quell’affare con te dall’avvocato, vero?»

Sonny sembrò sorpreso. «O ce lo portiamo dietro, oppure le facciamo camminare con noi. Grayson ha detto che il solaris non sarà pronto lino a stasera e immagino che le loro zampe non siano abituate a un terreno accidentato. Sono nate sulla nave, capisci.»

Sonny diede un nuovo strattone al rimorchio che provocò altri starnazzi e si avviò verso la fila di edifici che sorgevano verso sud. Delanna si chiese se sarebbe stato meglio dirgli che stava tornando al magazzino per chiedere a Jay Madog di darle un passaggio in città, ma probabilmente Sonny l’avrebbe fissata assumendo una di quelle stolide espressioni a bocca aperta e le avrebbe chiesto perché non poteva camminare; visto che lei voleva soltanto farla finita con tutta quella faccenda, incontrare l’avvocato e sistemare tutto in tempo per prendere la navetta l’indomani, preferì seguire Sonny.

«Terreno accidentato» era un vero eufemismo. La strada in terra battuta era a volte fangosa a volte dura come le pietre di cui era disseminata, ma evidentemente a Sonny non era neppure passato per la mente che i piedi di Delanna potessero essere delicati quanto le zampe delle oche.

«Quanto manca alla città?» gli chiese Delanna, sforzandosi di tenergli dietro.

«Circa un miglio,» rispose Sonny. «Se fossi una donna, non mi fiderei assolutamente di Jay Madog. Ha amichette da Grassedge fino alle montagne e in tutti i posti durante il viaggio.»

E io sono sicura che questo è più di quanto si possa dire su di te, pensò acidamente Delanna. Ricordava Tarleton Tanner come un ragazzo intelligente e di bell’aspetto, che qualche volta le leggeva le favole o giocava con lei, quando non era impegnato a lavorare nei frutteti con il padre. La sua trasformazione dimostrava quanto sua madre avesse avuto ragione su quel pianeta: spegneva ogni scintilla di spirito e di intelligenza nelle persone, riducendole ad animali da fatica. Sonny avrebbe potuto avere ancora un aspetto attraente, se non avesse indossato quei vestiti assolutamente ridicoli: la camicia dai colori troppo accesi, i pantaloni con gli orli arrotolati fin sopra le caviglie. Ma Delanna non pensava che cambiare semplicemente vestiti avrebbe fatto dimenticare il fatto che Sonny sembrava a stento capace di rispondere a una semplice domanda.

«Sei sicuro che l’avvocato ci riceverà senza un appuntamento?» gli chiese.

«Sì.»

«E ha preparato tutti i documenti che dobbiamo firmare?» Sonny non rispose a questa domanda, ma continuò a trainare il rimorchio pieno di oche. Dopo un po’ commentò, «Non ricordi molto di Milleflores, vero? Sei andata via quando non eri più grande di una pomarancia.»

Delanna non sapeva cosa fosse una pomarancia, ma pensò di avere capito dove volesse andare a parare Sonny: sua madre l’aveva avvertita che tutti avrebbero tentato di convincerla a non vendere la terra. «Non permetterò che tu finisca in qualche lanzye dimenticato da Dio come me,» le aveva scritto sua madre. «Sto lavorando con l’avvocato per risolvere alcune difficoltà tecniche, in modo che tu non debba tornare mai più su Keramos.» Ma evidentemente quelle difficoltà non erano mai state risolte. Poi sua madre era morta e l’avvocato aveva informato Delanna che avrebbe dovuto venire su Keramos, se voleva proteggere i suoi interessi.