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— Molto generoso da parte sua trascurare i suoi molti impegni per me, Mr. Harris. Ne sarei lieto.

Sollevai il saltapicchio dal suolo, lo portai a trecento metri e poi feci un balzo a mach 1,5 in direzione sud oltre la giungla di cemento in rovina all’estremità di Manhattan. La curva ci portò a fluttuare ad un miglio a nord dell’isola di Bedloe. Mi abbassai a novanta metri e planai lentamente verso la Statua della Libertà, perdendo impercettibilmente quota a mano a mano che ci avvicinavamo alla Signora senza Testa, in modo che quando fummo a pochissima distanza dalla costa arrivammo quasi a toccare il suolo. Era un buon trucco per far sembrare più allettante la merce; manipolare la prospettiva in modo che l’enorme statua verde senza testa sembrasse spuntare dalla baia come un colosso in rovina mentre noi ci avvicinavamo ad essa.

Mr. Ito non tradì alcuna emozione. Guardava dritto fuori dalla bolla senza dire una parola o fare un solo gesto.

— Come lei senza dubbio sa, questa è la famosa Statua della Libertà — dissi. — Come molti manufatti simili, è a disposizione di qualunque acquirente che la voglia mostrare con la dignità che le spetta. Naturalmente non avrei nessuna difficoltà a convincere l’Ufficio delle Antichità che le sue intenzioni sono esemplari sotto questo punto di vista.

Innestai il pilota automatico in modo che il velivolo girasse intorno alla statua ad un’altezza di cinquanta metri: così Ito poteva avere una visione completa e rendersi conto dell’effetto della statua sotto ogni angolatura, e di quanto fosse adatta alle sue esigenze. Ma lui continuava a rimanere immobile senza tradire alcuna particolare emozione.

— Come lei può vedere, nulla è stato toccato da quando gli Insurrezionisti fecero saltare la testa della statua — dissi io cercando di risvegliare il suo interesse — Quindi la statua ha acquistato un ulteriore significato storico che aumenta la sua già formidabile venerabilità. In origine un dono della Francia, assunse un significato storico come emblema di affinità tra la rivoluzione francese e quella americana. Situata all’ingresso della rada di New York, divenne agli occhi di generazioni di immigrati, il simbolo stesso dell’America. E il danno recato dagli Insurrezionisti serve solo a farci rammentare come siano stati fortunati ad uscire da quella situazione con tanta facilità. E aggiunge anche una certa atmosfera malinconica, non trova? Emozione, bellezza intrinseca e storicità unite in un unico elegante pezzo di scultura monumentale. E il prezzo richiesto è assai inferiore a quello che si potrebbe pensare.

Quando alla fine parlò, Mr. Ito sembrò imbarazzato; — Sono sicuro che mi perdonerà quanto sto per dirle, Mr. Harris, dal momento che l’emozione è prodotta dal più alto rispetto per il nobile passato della sua grande nazione, ma trovo questa specifica opera d’arte un tantino deprimente.

— Come mai, Mr. Ito?

Il saltapicchio completò il giro della Statua della Libertà e ne cominciò un altro, mentre Mr. Ito abbassò gli occhi fissando le acque oleose della baia prima di rispondermi.

— Il simbolismo di questa statua mutilata è una cosa che rattrista, poiché rappresenta il declino rispetto alla passata grandezza della sua nazione. Se io dovessi trasportarlo a Kyoto commetterei un atto ignobile, un insulto alla memoria della grandezza della sua nazione. Sarebbe un’affermazione di presuntuoso orgoglio.

Ma vi rendete conto? Lui era offeso perché pensava che mettere in mostra la statua in Giappone sarebbe stato come insultare gli Stati Uniti, e quindi io, offrendogliela, stavo implicitamente insinuando che lui era nikulturi. Tutto questo quando quel dannato vecchiume rappresentava per qualunque americano solo un altro decrepito rottame dei passati giorni di gloria che i Giapponesi, che andavano pazzi per quel genere di porcherie, potevano essere spinti a pagare cifre esorbitanti per il discutibile piacere di impacchettarlo e portarselo via! Questi Giapponesi ti fanno impazzire: chi altri avrebbe potuto sentirsi offeso se voi gli aveste suggerito di fare qualcosa che loro pensavano vi avrebbe offeso, mentre invece l’avevate ritenuta una proposta in buona fede?

— Spero di non averla offesa, Mr. Ito — sbottai. E avrei subito voluto mordermi la lingua per averlo detto, perché era proprio la cosa meno opportuna. Io lo avevo offeso e metterlo nella condizione di doverlo negare per rispetto alla buona educazione, costituiva un’ulteriore offesa.

— Sono sicuro che la cosa non poteva essere più lontana dalle sue intenzioni, Mr. Harris — disse Ito con convincente sincerità. — Una fitta di tristezza al pensiero della caducità della grandezza, nulla di più. Effettivamente, si potrebbe dire che l’esperienza in sé è stata salutare per l’anima. Ma fare di quell’opera d’arte una parte permanente delle cose che mi circondano, sarebbe più di quanto potrei tollerare.

Era davvero ciò che pensava o era solo melliflua buona educazione giapponese? Chi poteva dire cosa pensasse in realtà quella gente? Qualche volta penso che non lo sappiano nemmeno loro. Ad ogni modo, dovevo mostrargli qualche cosa che gli facesse cambiare umore, ed anche in fretta. Hmmmm…

— Mi dica, Mr. Ito, le piace il baseball?

Gli occhi gli si illuminarono come fari, ed il malumore evaporò nel calore di un subitaneo e quasi infantile sorriso. — Ah, sì — disse. — Ho un palco allo stadio di Osaka, anche se devo confessare di avere una preferenza per i Giants. Come è strano che questo profondo gioco abbia avuto un simile declino nella sua patria di origine.

— Forse. Ma questo fatto ha reso disponibile sul mercato qualcosa che sono sicuro lei troverà molto congeniale. Vogliamo andare?

— Ma certo — disse Ito. — Trovo questo ambiente un tantino opprimente.

Pilotai il saltapicchio a cento cinquanta metri di quota e programmai un balzo a mach 2,5 in direzione nord così rapido che ci lasciammo indietro in un baleno l’enorme massa di rame sudicia e scrostata. È sconcertante quanta disgustosa emozione i Giapponesi siano capaci di provare di fronte ad un qualunque vecchio rottame. Vecchi rottami nostri, per giunta, come se il Giappone non avesse abbastanza rottami, vecchi e inutili, per conto suo. Ma non sono certo io a dovermi lamentare: questo mi permette di guadagnare piuttosto bene. Conoscete tutti il vecchio adagio sullo sciocco e il suo danaro.

La traiettoria del saltapicchio ci portò a sorvolare a un’altezza di trecento metri la confluenza dell’Harlem con l’East River. Senza cambiare quota, guadai il saltapicchio a nord est sopra il Bronx a trecento chilometri all’ora. Prima dell’Insurrezione quest’area era ricoperta di case popolari ed era stata rasa al suolo da bombe incendiarie, esplosivi ad alto potenziale e napalm. Non si era mai trovata una ragione economica per sgomberare quell’enorme massa di macerie ed ora la terra sfregiata e gli edifici diroccati erano coperti da distese di erba incolta, sommaco velenoso, cespugli contorti e macchie d’alberi che in una o due generazioni avrebbero potuto formare una foresta, A causa di quella folle e irregolare topografia, era un’area assolutamente inutilizzabile e quasi disabitata, a parte qualche patetico rimasuglio di vecchie tribù di hippies che se ne stavano per conto loro e a cui non valeva la pena di dare la caccia. Alcune baracche isolate e tende rabberciate erano gli unici segni di insediamenti umani in quell’area. Questo era davvero un territorio deprimente, e volevo che Mr. Ito lo oltrepassasse in fretta e ad alta quota.

Per fortuna non mancava molto, e dopo un paio di minuti il saltapicchio si librava a centocinquanta metri sopra il nostro obiettivo, l’unica struttura intatta in quell’area. Il viso di pietra di Mr. Ito si illuminò di una gioia così infantile che capii subito d’aver fatto centro; dunque non mi ero sbagliato nel supporre che non avrebbe resistito ad una simile offerta.