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Proprio mentre Blood stava trascinando la bandoliera nell’oscurità, due di loro provarono con i cani. Entrarono da una porta-finestra, uno dopo l’altro, rotolando su se stessi e lanciandosi in direzioni opposte, mentre i cani (un akita grande come una casa e un dobermann femmina color dello sterco) balzarono fuori dalla porta e si divisero. Beccai uno dei cani, l’akita, con la 45 e quello cadde stecchito. Il dobermann si era lanciato su Blood.

Ma lo sparo aveva rivelato la mia posizione. Uno di loro aprì il fuoco dal fianco, e le pallottole a punta morbida sprizzarono scintille intorno a me colpendo la trave. Lasciai cadere l’automatica questa cominciò a scivolare lungo la trave mentre io afferravo la Browning. Mi allungai per acchiappare la 45 e fu quello a salvarmi. Mi buttai in avanti per agguantarla, ma l’arma scivolò e cadde sul pavimento con uno schianto, e il vagabondo sparò mirando a dove ero prima. Ma io ero appiattito sulla trave, con le braccia penzoloni, e lo schianto lo sorprese. Sparò in direzione del suono e proprio in quell’istante udii un altro sparo, da un Winchester, e l’altro vagabondo che era nascosto nell’ombra cadde in avanti con un grosso buco che gli dilaniava il torace. Quilla.lune gli aveva sparato da dietro i materassi.

Non avevo tempo di capire che cosa diavolo stesse succedendo… Blood stava lottando con il dobermann e i suoni che emettevano erano Terribili… il tizio con la 30-06 sparò di nuovo e colpì la canna della Browning che sporgeva da un lato della trave e, bam, questa se ne andò, cadendo a terra. Ero nudo là sopra, senza armi, e quel figlio di puttana si teneva nascosto nell’ombra ad aspettarmi.

Un altro colpo del Winchester e il tizio sparò dritto sui materassi. Lei cadde all’indietro e io seppi che non potevo più contare su di lei. Ma non mi serviva: in quell’attimo in cui si era concentrato su di lei, io afferrai una delle funi, mi catapultai oltre la trave e urlando come un’aquila scivolai giù, sentendo la corda che mi penetrava nel palmo delle mani. Mi abbassai abbastanza da poter dondolare e mi diedi una spinta con i piedi. Dondolai avanti e indietro, piegando il corpo in direzioni diverse, cercando di spingermi sempre più indietro ogni volta. Quel figlio di puttana continuò a sparare, cercando di individuare la traiettorie, ma io continuavo a mantenermi fuori dalla sua linea di tiro. Poi rimase senza munizioni e io scalciai all’indietro più forte che potei e arrivai a razzo verso la zona d’ombra in cui si trovava lui, mollai la presa improvvisamente e caddi a peso morto nell’angolo, lui era là e io gli fui addosso mandandolo a sbattere contro la parete, mi avventai su di lui e gli infilai le dita negli occhi. Lui gridava, la ragazza gridava e i cani gridavano, e io sbattei quella fottuta testa contro il pavimento finché lui cessò di muoversi, poi presi la 30-06 e lo colpii selvaggiamente finché fui sicuro che non mi avrebbe più dato fastidio.

Poi trovai la 45 e sparai al dobermann.

Blood si alzò e si scrollò. Era piuttosto malconcio.

— Grazie — mormorò, e se ne andò a sdraiarsi nell’ombra per leccarsi.

Mi diressi verso Quilla June; stava piangendo. Per i ragazzi che avevamo ucciso. Soprattutto per quello che lei aveva ucciso. Non riuscii a farla smettere, così le mollai una sberla, dicendole che mi aveva salvato la vita, e questo servì a qualcosa.

Blood si trascinò vicino a noi. — Come faremo ad uscire da questo pasticcio, Albert?

— Lasciami pensare.

Riflettei e capii che non c’era niente da fare. Per quanti ne potessimo colpire, ce ne sarebbero sempre stati altri. E adesso era una questione di macho. Il loro onore.

— Che ne pensi di un incendio — chiese Blood. — Andarcene mentre tutto brucia? — Scossi la testa. — Avranno circondato il posto. Non va bene.

— E se non ce ne andassimo? Se bruciassimo con tutto l’edificio?

Lo guardai. Coraggioso… e furbo come il diavolo.

Radunammo tutti i materassi, i mobili, le scale e le aste e tutto quello che poteva prendere fuoco, e lo ammassammo vicino ad un divisorio di legno ad una delle estremità della palestra. Quilla June trovò un fusto di cherosene in un magazzino e appiccammo fuoco a quella dannata catasta. Poi seguimmo Blood fino ad un posto che aveva trovato per noi. Il locale della caldaia nei sotterranei dell’YMCA. Ci arrampicammo tutti nella caldaia vuota, chiudemmo la porta e lasciammo aperto uno sfiatatoio per la circolazione dell’aria. Ci eravamo portati un materasso, tutte le munizioni e anche le armi che avevamo tolto ai vagabondi uccisi.

— Senti qualcosa? — chiesi a Blood.

— Poco. Non molto. Riesco a ricevere uno di loro. L’edificio sta bruciando bene.

— Sarai capace di accorgerti quando se ne andranno?

— Forse. Se se ne andranno.

Mi sistemai. Quilla June stava tremando per tutto quello che era successo; — Calmati — le dissi. — Domani mattina sarà bruciato tutto e loro frugheranno tra le macerie, troveranno un sacco di carne morta e forse non cercheranno con troppa attenzione il corpo di una pollastrella. E sarà tutto a posto… se non finiremo soffocati qui dentro.

Lei accennò un debole sorriso e cercò di mostrarsi coraggiosa. Era davvero okay. Chiuse gli occhi e si adagiò sul materasso, cercando di dormire. Io ero sfinito. Anch’io chiusi gli occhi.

— Ce la fai da solo? — chiesi a Blood.

— Credo di sì. Farai meglio a dormire.

Quando mi svegliai, scoprii che la ragazza, quella Quilla June, si era rannicchiata contro la mia spalla e mi aveva messo un braccio intorno al petto, ancora profondamente addormentata. Riuscivo appena a respirare. Era come trovarsi in una fornace; diavolo, era una fornace. Alzai un braccio: la parete della caldaia era tanto calda che non potevo neppure toccarla. Blood era sul materasso con noi. Quel materasso era l’unica cosa che aveva impedito che ci arrostissimo per bene. Dormiva anche lui, con la testa sepolta tra le zampe. Lei dormiva, ancora nuda.

Le misi una mano su un capezzolo. Era caldo. Lei si mosse e si strinse ancora di più a me. Io mi eccitai.

Riuscii a sfilarmi i pantaloni e rotolai sopra di lei. Si svegliò appena si accorse che stavo aprendole le gambe, ma a quel punto era troppo tardi. — No… fermati… che cosa stai facendo… No, non…

Ma era debole e mezza addormentata e comunque non credo che volesse davvero resistere.

Quando la penetrai gridò, naturalmente, ma dopo fu okay. C’era sangue su tutto il materasso. E Blood continuava a dormire.

Fu davvero una cosa diversa. Generalmente, quando Blood ne scovava qualcuna per me, facevo una cosa alla svelta, la tramortivo e me la battevo poi in fretta prima che potesse succedere qualcosa di spiacevole. Ma quando lei venne, si sollevò sul materasso e mi strinse tanto forte che pensai che mi rompesse le costole e poi si rilasciò piano, piano, piano, come faccio io durante gli esercizi con le gambe nella mia palestra di fortuna. E aveva gli occhi chiusi ed un aspetto rilassato. E felice. Si vedeva.

Lo facemmo un sacco di volte e dopo un po’ fu lei a chiederlo, ma io non le dissi di no. E poi rimanemmo sdraiati fianco a fianco e chiacchierammo.

Mi chiese di Blood e io le raccontai di come i cani da combattimento fossero diventati telepatici ed avessero perso la capacità di procacciarsi il cibo da soli, come i singoli e quelli delle bande dovessero provvedere per loro, e come i cani come Blood fossero bravi a scovare le pollastre per i singoli come me. A questo proposito lei non disse nulla.