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Dalla parete all’estremità del canyon sporgeva come una mensola una lastra seghettata di cristallo scintillante. Al di sotto erano sparsi frammenti che si erano staccati dalla lastra. Erano pochi perché ben poche cose in natura sono in grado di frantumare il cristallo diamantifero. Torwald fece scendere l’AC il più vicino possibile al cristallo.

Scesero dal veicolo e raggiunsero a piedi il giacimento. E in quel preciso momento, si resero conto di essere di fronte alla più grande fortuna su cui avessero mai posato gli occhi.

— Assolutamente unico mormorò Popov estatico.

— Perché unico? — ribatté Kelly. — Ho sentito dire che su parecchi mondi si trovano grossi giacimenti come questo.

— Unico perché non dovrebbe essere qui... non su un mondo così piccolo. Di solito, la pressione necessaria per produrre un simile prodigio è riscontrabile soltanto su pianeti con una massa molto superiore. Come geologo, avrei detto che una cosa simile è impossibile ma, come ti hanno già detto i nostri amici, “impossibile” è una parola che gli spaziali devono dimenticare.

— Quei frammenti da cosa possono essere stati staccati? — chiese Ham.

— Da un terremoto o dall’impatto con una meteorite — opinò Popov stringendosi nelle spalle. — Forse questa lastra è rimasta esposta così per milioni e milioni di anni e quindi non c’è da stupirsi se è stata colpita un paio di volte. L’erosione è stata molto lenta nelle ultime ere, via via che si andava rarefacendo l’atmosfera.

— Be’ — s’intromise Ham, — potremo divertirci a inventare supposizioni durante il viaggio di ritorno, ma adesso sarà meglio chiamare la comandante per dirle di portare qui la nave. C’è spazio sufficiente per l’atterraggio e il fondo del canyon è abbastanza solido secondo il sismometro dell’ AC.

Quando arrivò la Space Angel, Torwald e Kelly scaricarono le attrezzature minerarie che furono poi montate in fretta sul fianco della collina con l’aiuto di argani. Bert aveva fabbricato delle mascherine per guidare i tagli. Erano sottili sagome di plastica che servivano ad aiutare i minatori a tagliare il minerale nella forma voluta. La stiva della Space Angel era cilindrica, e Bert, non voleva che andasse sprecato neanche un centimetro cubo di spazio. Quando le attrezzature furono pronte, la comandante andò a ispezionarle. Soddisfatta dell’esame, chiese a Torwald: — Come intendi organizzare il lavoro?

— Per prima cosa asporteremo le impurità superficiali. Ham, Finn e io siamo abbastanza robusti per farlo. Manovreremo a mano i coltelli a raggi e gli altri sgombreranno il materiale tagliato. Poi monteremo i coltelli sui sostegni per la parte più delicata del lavoro. Sergei Popov ci indicherà dove si deve tagliare, e Achmed, Kelly e Lafayette porteranno il minerale a bordo, Bert dirigerà le operazioni e Nancy, se vuole, potrà sostituire ogni tanto uno di noi. — Non assegnò nessun compito a Michelle perché di norma l’ufficiale medico doveva sempre restare a disposizione e non doveva essere esposto a eventuali rischi.

— Avanti, allora.

Torwald prese un coltello e praticò un taglio. Una scaglia di cristallo impuro misto a roccia si staccò nettamente. Torwald provò poi tutti gli altri coltelli. Dopo averne constatato il perfetto funzionamento, iniziarono i lavori veri e propri sotto la supervisione di Popov, mentre Achmed, Kelly e Lafayette sgombravano i detriti. Anch’essi valevano una fortuna, come diamanti industriali, ma se ne sarebbe occupata un’altra squadra. Con ogni probabilità, dopo quella prima spedizione, la Minsk Mineral avrebbe inviato altre squadre per la costruzione di un’installazione permanente che consentisse lo sfruttamento intensivo della miniera.

Dopo avere liberato la lastra dalle impurità, Torwald piazzò i coltelli sui sostegni, mentre Popov, servendosi delle mascherine di Bert, ne tracciava le sagome sull’affioramento. Dovevano tagliare una serie di lastre rettangolari lunghe cinquanta centimetri e con uno spessore di dieci, fatta eccezione per quelle che si dovevano adattare alla curvatura della stiva. Ogni lastra pesava circa venti chili ed era molto faticoso caricarle sui carrelli automatici che le trasportavano alla nave. Achmed e Ham provarono a montare un argano per facilitare il carico, ma non fu possibile a causa della superficie instabile della collina.

Dopo dieci ore di lavoro ininterrotto erano tutti esausti ma stimolati dalla prospettiva della ricchezza.

— Intervallo — annunciò di punto in bianco Torwald.— Tutti a bordo all’infuori di voi due — e indicò Kelly e Lafayette, che non riuscirono a trattenere un brontolio di protesta. — Voi date una bella ripulita qui e assicuratevi che tutto sia a posto per la ripresa del lavoro domattina.

Quando gli altri se ne furono andati, Kelly e Lafayette cominciarono a scopare e a caricare i rifiuti sulle carriole.

— Sbrigati — disse Lafayette. — Ho fame.

— Non siamo sulla nave, adesso — ribatté Kelly.

— E con questo?

— Sono costretto ad abbozzare quando siamo a bordo, ma qui no. Sulla Terra ho dovuto subire le prepotenze di un mucchio di guardiani al dormitorio, perché avevano l’autorità di trattarmi a bacchetta. Ma fuori non si azzardavano a farlo. Sapevano che non era prudente. Quindi ti avverto.

— Oh, ma davvero? E cosa mai vorresti fare? — Piantò una mano sul petto di Kelly e gli diede una spinta, ma l’aveva appena toccato che si beccò un gancio alla mascella, e cadde scivolando lungo il pendio.

— Devi piantarla di fare il bullo con me, Lafayette.

— Mi hai deluso, ragazzino — ribatté l’altro asciugandosi col dorso della mano il rivolo di sangue che gli scorreva dalla bocca. — Pensavo che cominciassi a imparare, invece pare che debba insegnarti a stare al tuo posto. — Si alzò, si diede una spolverata, e partì all’attacco. Kelly scartò di lato e gli fece lo sgambetto. Poi gli saltò sulla schiena cercando di passargli un braccio intorno alla gola. Mancò la presa mentre Lafayette, rigirandosi di scatto, lo afferrava per la nuca sollevandolo e facendolo rotolare. Colto di sorpresa, Kelly rimase per qualche istante tramortito da due pugni che gli fecero vedere le stelle, ma poi si riprese, premette con la mano sotto al mento dell’avversario costringendolo a piegare la testa all’indietro e cacciandogli in gola le dita della mano libera. Lafayette cadde ansimando, e Kelly ne approfittò per cacciargli una manata di sabbia in bocca. L’altro gli tirò un paio di calci nello stomaco, e Kelly fece un volo andando a sbattere la testa contro una sporgenza rocciosa e poi scivolò finché non riuscì a fermarsi e a mettersi a sedere. Quando riprese fiato vide che anche Lafayette stava alzandosi e sputava sabbia e sangue.

— Ne hai abbastanza, Kelly?

— Come? tu sei più malconcio di me!

— Forse — ammise Lafayette abbozzando un sorriso che gli procurò una fitta. — Facciamo pace?

— Non basta. Devi smetterla di fare il bullo con me, sempre, altrimenti finiremo ai ferri corti a ogni sbarco. Ti ho avvertito.

— E va bene — accettò Lafayette dopo averci pensato un po’ su. — D’accordo, come vuoi tu. Ma adesso finiamo di lavorare. Quando entrarono alla mensa, gli altri li guardarono stupiti. — Cosa vi è successo? — chiese la comandante.

— Siamo caduti dalle scale — spiegò Lafayette. Nessuno fece commenti.

Dopo tre settimane di faticoso lavoro, la stiva era ormai quasi colma. Lavoravano tutti senza sosta e quelli che non erano già scuri di natura, lo diventarono grazie ai raggi ultravioletti di Alpha Tau che penetravano liberamente attraverso l’atmosfera rarefatta. Gli ultimi giorni lavoravano ormai a ridosso del costone, avendo asportato quasi tutta la lastra sporgente. Durante l’ultimo turno, Kelly e Torwald stavano tagliando il cristallo quando arrivò Achmed con un vagoncino.

— Bert dice che c’è ancora posto per quindici pezzi — disse.