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Avvertì un’incalzante malevolenza. Poi, l’inderogabilità di uno scopo, di una meta. E, ancora, eoni di tempo così lunghi da perdere di significato. Poi, la coscienza — memoria, ricordo — di un compito di creazione. Poi, la lunga, lunghissima attesa. Poi, l’incontro col nemico. Poi...

Kelly si svegliò in un bagno di sudore. Il sogno era stato così assurdo, eppure così reale, che il ragazzo si chiese se avrebbe avuto il coraggio di raccontarlo agli altri nel timore che lo giudicassero pazzo. Decise di rimettersi a dormire, ma non ci riuscì e allora preferì vestirsi e andare in cambusa. Se non altro poteva preparare la colazione. Era disposto a tutto pur di non dovere pensare.

Gli altri erano già seduti al tavolo della mensa, e avevano tutti un’aria abbattuta come lui. Torwald entrò poco dopo.

— Buon Dio! — esclamò. — Ho visto facce più allegre prima di una battaglia.

— Taci, Tor — gli intimò la comandante. — E adesso confrontiamo quello che abbiamo visto. Cominciamo da te, Lafayette. Tu cos’hai visto?

— Accidenti, comandante, non lo so, però mi ha fatto una paura boia. C’era una cosa che mi dava la caccia... — s’interruppe corrugando la fronte nello sforzo di trovare le parole giuste. — No, non ero io, o almeno non proprio. Qualcuno o qualcosa di non umano. E mi pare che creasse un pianeta laggiù... — solo a parlarne gli tornava la paura.

— Tutto qui?

— No, comandante. C’era dell’ altro, molto altro, però io ho capito solo quello... Ah, sì, qualcosa che riguardava le stelle... — balbettò.

— E tu? — chiese allora la comandante a Nancy, che riferì di avere avuto pressappoco la stessa visione. Non ci volle poi molto a scoprire che tutto l’equipaggio aveva visto la stessa cosa anche se ricordi e descrizioni differivano in qualche particolare.

— Bene — commentò alla fine la comandante guardandosi intorno. — Teorie? Opinioni?

— Io avrei una domanda — disse Michelle.

— Sentiamo.

— Come mai evitiamo tutti quanti di guardare quella cosa? — E indicò la sfera in mezzo al tavolo. E appena l’ebbe detto anche gli altri la guardarono con un misto di paura e orrore.

— D’accordo — ammise la comandante. — Quel coso è in un certo senso il colpevole. Siamo tutti d’accordo su questo?

Nessuno ebbe obiezioni.

— E adesso arriva la domanda da centomila dollari — intervenne Ham. — Che cos’è?

— Posso azzardare un’opinione, comandante?

— È il massimo che si possa fare, per ora. Avanti, Bert.

— Se è stato questo oggetto a provocare le visioni e può realmente fare quello che abbiamo visto, allora può darsi che si tratti di una specie di divinità..

— Esiste un solo Dio — ribatté Achmed.

— D’accordo — disse la comandante. — Sebbene debba ammettere che la questione sia un po’ accademica trattandosi di un essere in grado di creare un pianeta dalla materia grezza e avvolgerselo intorno come una coperta. Comunque, è intelligente e potentissimo. Sentiamo il tuo parere, Torwald.

— In primo luogo può trattarsi del primo alieno vivo e intelligente in cui si sia imbattuto l’uomo.

A parte qualche raro manufatto primitivo, finora non abbiamo scoperto nessun essere più intelligente di una scimmia. Quindi ci troviamo di fronte a un evento storico, anche se piuttosto conturbante.

— Non gridiamo ancora vittoria lo ammonì la comandante. — E poi?

— Secondariamente, per quanto grande sia la potenza di questa cosa, era inseguita da qualcosa ancora più potente.

— Tutto questo accadde moltissimo tempo fa, non è vero? — chiese Kelly.

— In questo genere di cose il tempo conta poco. Sergei, secondo voi che età ha Alpha Tau? Il russo alzò le spalle allargando le braccia.

— Due miliardi di anni? Tre? Chi mai può dirlo quando le circostanze della sua nascita sono così singolari? Cifre simili sono prive di senso comunque, quando vengono applicate alla percezione umana di tempo. Poche dozzine di zeri in più o in meno non fanno differenza.

È un bene che tu riconosca i tuoi limiti mentali.

Tutti sussultarono come se fossero stati punti. Qualcuno balzò addirittura in piedi e, se i sedili non fossero stati inchiavardati al ponte, molti sarebbero caduti all’ indietro. La voce si era fatta sentire nella mente, ma non c’erano dubbi sulla sua origine.

— Che cosa sei? — chiese la comandante alla sfera sforzandosi di parlare con voce ferma.

Un’entità.

— È quello che avevamo supposto. Ti abbiamo trovato durante gli scavi e non ci siamo subito resi conto che fossi intelligente. Vuoi tornare dov’eri? No. Il rifiuto li deluse non poco.

— Noi stiamo tornando sulla Terra, il nostro pianeta d’origine, con un carico di cristalli — disse la comandante più calma. — Vuoi venire con noi? No.

— Temo che non ci siano altre alternative. Non siamo in grado di deviare verso un’altra destinazione. Dobbiamo rispettare un orario. — La comandante cominciava a sudare.

Ho una missione, e voi mi aiuterete a compierla. La voce interiore era priva d’inflessioni, ma spaventosamente imperiosa.

— Comando io questa nave, e mi rifiuto.

Preferirei che foste consenzienti, ma non avete scelta. Io posso controllare questo vascello.

— Non lo metto in dubbio. Ma come mai, dato che sei tanto potente, hai bisogno della mia nave?

Il mio potere si è molto esaurito. Forse non sarei in grado di effettuare un simile viaggio.

— Dove devi andare?

Al centro di questa Galassia.

Tutti sussultarono scambiandosi occhiate incredule, e qualcuno cominciò a protestare. Ma la comandante li zittì con un’occhiata feroce.

— Senti, Sfera, mi sembra che tu non capisca. La nostra specie non ha mai compiuto percorsi lunghi più di un millesimo di quella distanza. È perfino probabile che il nostro organismo non sopporti le radiazioni e le tensioni del Centro. Aggiungerò che secondo i nostri standard la durata della nostra vita è breve. Anche con la Propulsione Whoopee saremmo morti già tutti di vecchiaia prima di arrivare al centro della galassia.

Darò io la carica al vostro sistema di propulsione. È molto rudimentale anche come congegno meccanico. Posso proteggervi dalle radiazioni dannose e non invecchierete molto durante il viaggio. Dovete persuadervi che per me siete solo minuscole e insignificanti briciole, e che vi considero alla stregua con cui voi considerate i più infimi insetti del vostro pianeta. E io che sto comunicando con voi sono dal canto mio una minuscola suddivisione dell’intelletto dell’Entità che voi pensate sia una Sfera, e che ha preso questa forma a questo scopo. La maggior parte di questo intelletto vi ignora ed è inconsapevole delle vostre funzioni e delle mie come lo sono le cellule dei vostri corpi.

Voi siete una specie isolata e primitiva, oscura perfino in questa piccola Galassia. Al Centro le stelle sono dense, e forse poi potrete trovare molte specie di esseri planetari come voi. Sicuramente apprenderete cose che vi torneranno utili. Sarà l’inizio di una nuova era per la vostra specie. La vostra civiltà si fonda ancora sullo scambio di beni, e così troverete molto da guadagnare.

— Vade retro, Satana — mormorò Bert.

Sfera sapeva certamente come tentare gli spaziali. Infatti sentivano già tutti l’impulso, l’intossicante prospettiva di visitare zone sconosciute dello spazio. Se non fossero stati animati dallo spirito dell’avventura, non si sarebbero imbarcati su una carretta. La più tentata di tutti era la comandante, ma anche Kelly, novellino dello spazio, era tentato. Infine lei si decise a parlare. — Spiacente, Sergei — disse — temo che la Minsk riceverà i cristalli con un certo ritardo.