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— A me pare che possieda delle straordinarie facoltà — asserì Omero facendo vibrare le antenne.

— Quasi otto milioni! — mormorò Kelly. — Non riesco neanche a immaginare una flotta così enorme. Quante navi credi che l’umanità sia in grado di lanciare contemporaneamente nello spazio? — chiese a Michelle.

— Una volta ho visto una formazione che ne contava quattromila. Fu prima dell’invasione di Li Po. Naturalmente ne tornarono solo poche.

— E questa non è che una delle basi — osservò Nancy. — Credi che l’umanità arriverà mai a diventare così potente, Tor?

— Può darsi. Siamo riusciti a cavarcela negli ultimi due secoli senza autodistruggerci, per quanto abbiamo fatto l’impossibile per riuscirci. Niente ci impedisce di arrivare a tanto, purché se ne abbiano il tempo e la voglia. Però io spero che l’umanità si dedichi a qualcosa di meno inutile.

— Una tale quantità di navi non è assolutamente necessaria — disse Omero — anche perché non serve proprio a niente.

— Be’, adesso qualcosa da fare l’hanno trovato — ribatté Torwald.

Le stelle, che finora erano sembrate immobili sopra di loro, cominciarono a spostarsi. Nancy fu la prima ad accorgersene. — La comandante sta facendo ruotare la nave.

Spuntò all’orizzonte il bordo del pianeta senza nome e a poco a poco tutta la sua massa si librò su di loro, malefico globo circondato dalla luminosa distesa stellare del Centro. Anche gli altri membri dell’equipaggio salirono nell’osservatorio. Per ultima arrivò la comandante. — Stiamo per assistere a uno spettacolo unico e indimenticabile. Non staccate gli occhi dal pianeta.

Per un po’ non accadde alcunché. Poi, un puntino bianco e brillante spiccò sullo sfondo giallo. Immediatamente spuntarono dozzine di altri puntini, poi centinaia, poi migliaia e continuavano ad aumentare, finché tutto l’emisfero non fu illuminato, coprendo la superficie del pianeta con una rete di diamanti spettacolosa come lo sfondo stellato.

— Tre milioni di navi da questo pianeta. Un milione e mezzo per emisfero, e sono decollate tutte insieme. — Sopraffatta dalla meraviglia, la comandante non disse altro.

— Un decollo così massiccio altererà per sempre l’orbita di questo pianeta — osservò Bert.

Via via che i puntini si trasformavano in lunghe code luminose, il pianeta diventava sempre più misero. Faceva quasi pena a guardarlo.

— Dov’è il rendez-vous?

— Si raduneranno in un’orbita di parcheggio nei pressi della più grande stazione orbitante, quella che si trova più lontana da questo pianeta... Guardate, stanno salendo anche quelle delle altre basi.

Qua e là nello spazio cominciavano a brillare altre luci che assommandosi rendevano lo splendore abbagliante.

— Lasciando questo sistema ci porteremo appresso quelle degli altri pianeti.

— E poi? — chiese Kelly.

— Poi Sfera le doterà tutte della sua speciale propulsione nell’isperspazio e andremo a fare una visita al Guardiano.

Tutto era tranquillo, in plancia. Kelly era di guardia con la comandante e teneva d’occhio senza sosta gli schermi, affascinato dalla vista delle flotte che si riunivano. La Space Angel si era incontrata con l’ultima divisione, ed era in attesa che Sfera programmasse le navi. Dalla cupola si vedevano solo alcune navi, ma gli schermi telescopici ne mostravano centinaia di migliaia per volta.

Entrò Torwald portando del caffè, che Kelly guardò con disgusto. Sarebbe stato felice se non avesse più visto un chicco di caffè fino alla fine dei suoi giorni. Pareva invece che gli altri, veterani spaziali, lo apprezzassero tanto da non poterne fare a meno. Torwald porse una tazza alla comandante che sedeva coi piedi appoggiati a una consolle fissando muta l’incredibile distesa di navi.

— La vostra tazza, grande ammiraglio Gertie HaLevy! Che effetto fa?

— Mi sento un passeggero, come voi — borbottò lei col sigaro stretto fra i denti e il mento incassato nel colletto della giacca. — Dev’essere una delusione.

— Puoi dirlo. Siamo in mezzo alla più grande flotta della Galassia, e non sono neppure libera di comandare questa carretta. — Sbuffò disgustata. — Grande ammiraglio i miei... — tacque mentre le immagini sullo schermo cominciavano ad allungarsi, a distorcersi, a sbiadire, finché non scomparvero. Schermi e strumenti funzionavano nel modo imprevedibile e caotico, caratteristico dell’iperpropulsione imposta da Sfera.

— Ultima tappa del viaggio, amici! — annunciò Tor.

— Speriamo che ci sia anche un ritorno — borbottò la comandante.

Kelly sentì un nodo alla gola al pensiero che il suo primo viaggio spaziale potesse avere una conclusione infausta. — Che probabilità abbiamo, Tor?

— Zero, secondo me. Ma ho pensato la stessa cosa molte volte durante la guerra, ed eccomi ancora qui. — La comandante assentì, e il mozzo dovette accontentarsi di tanto ottimistico consenso.

8

Kelly ammazzava il tempo sfogliando le carte di navigazione quando “risuonò” in tutta la nave la voce di Sfera.

Se volete vedere coi vostri occhi la Stella Nucleo, potete farlo. Adesso è visibile.

Kelly deglutì a vuoto. Non era tanto sicuro di volerla vedere. Pensava di provare lo stesso effetto che avrebbe provato di fronte a un plotone d’esecuzione. — Oh, be’, tanto vale — mormorò fra sé, e uscì dalla sua cabina. In corridoio incontrò Lafayette e Achmed. Quest’ultimo era ancora bendato, ma si avviava rapidamente alla guarigione. Se non altro pensò Kelly, Achmed ha una buona scusa per essere così pallido e turbato.

Strada facendo incontrarono anche gli altri. Contrariamente al solito, nessuno pareva ansioso di vedere la nuova meraviglia.

Siccome la nave era inclinata, quando entrarono nell’osservatorio dovettero torcere il collo per vedere il fenomeno. “Fenomeno” era l’unica parola che secondo Kelly potesse in qualche modo descrivere quello spettacolo. Si era aspettato di vedere una stella abbacinante come il Sole, anche se molto più grande e invece... niente di tutto questo.

Quello che vide fu una palla appiattita, che occupava gran parte dello spazio del quadrante visibile dalla cupola.

Sebbene non fosse luminosa, faceva male a guardarla. Sulle prime a Kelly parve che fosse di un azzurro stinto, poi violacea, e poi ancora grigia, ma alla fine decise che non era di nessun colore.

— È come guardare una lampada agli ultravioletti — disse. — La sento, più che vederla.

— Quel che emana da essa non è una vera luce — spiegò Sergei. — Un oggetto di quella massa può risucchiare la luce come un buco nero. Avrai notato che sembra fioca, tuttavia non riusciamo a vedere nessun’altra fonte luminosa pur trovandoci al centro della Galassia.

Intento com’era a guardare la Stella Nucleo, Kelly finora non l’aveva notato, ma era vero: tutto lo spazio intorno a essa era perfettamente nero. Non una sola stella era visibile, ma all’interno della Stella Nucleo andava svolgendosi senza intermittenze l’avvicendarsi della non-luce, che fluiva, si coagulava, cambiava d’intensità da un momento all’altro. Kelly provava un senso di malessere nel guardarla.

— Cosa ci mantiene in vita? — chiese Torwald.

Io.

— Ci stavamo chiedendo quando avresti parlato — osservò la comandante.

— Sei finalmente soddisfatto? A quanto pare questo è il centro della Galassia. Puoi riportarci nella zona esplorata dall’uomo, adesso? Ci resta ancora un compito.

— C’era da aspettarselo.

— Abbiamo una visita — annunciò Michelle che si era voltata verso il portello. Anche gli altri si voltarono e videro Sfera avanzare fluttuando a un paio di metri dal ponte, per poi fermarsi al centro della cupola.