Durante il breve viaggio di ritorno a casa, Angela continuò a chiedersi se avesse fatto bene a ingaggiare Phil Calhoun e quando e come l’avrebbe detto a David.
A casa trovò Nikki da sola perché David aveva fatto un salto in ospedale, e le chiese come mai non avevano chiamato Alice.
«Papà ha detto che sarebbe tornato subito e che probabilmente tu saresti arrivata prima di lui», rispose la bimba.
Angela non era d’accordo che sua figlia rimanesse sola in quella casa, anche per poco tempo, e considerando incauto il comportamento di David si rassicurò di avere fatto bene a ingaggiare l’investigatore privato.
Mandò Nikki a controllare che tutte le porte fossero chiuse a chiave e intanto le preparo uno spuntino. Quando David tornò a casa, lo prese in disparte e discusse con lui sul fatto che aveva lasciato Nikki da sola. Lui dapprima rimase sulla difensiva, poi promise che in futuro non lo avrebbe più fatto.
Padre e figlia si misero di nuovo a tramare qualcosa insieme, ma Angela non ci fece caso, presa com’era dalla preparazione della cena. Il sabato pomeriggio si divertiva a sfogliare libri di cucina e a sbizzarrirsi in qualche piatto particolare, per rifarsi della fretta con cui doveva cucinare per il resto della settimana.
Scese in cantina per prendere degli ossi di vitello dal congelatore e, fatto qualche gradino, si rese conto che era la prima volta che andava là sotto da quando c’era stata la polizia. Si accorse di essere un po’ nervosa e fu quasi sul punto di tornare indietro per chiedere a David di accompagnarla, ma non volle rendersi ridicola e proseguì.
Vide con piacere che il luogo in cui era stato trovato il cadavere di Hodges non era più visibile, perché era nascosto dai telai vuoti dei doppi vetri. Stava per aprire il freezer, quando udì un rumore provenire proprio da sotto la scala. Si girò e vide con orrore che i telai si stavano muovendo. Sbatté le palpebre, sperando che fosse la sua immaginazione, ma i telai si mossero ancora di più, fino a cadere a terra con un rumore assordante.
Angela cercò di gridare, ma dalla gola non le uscì alcun suono. Cercò di muoversi, ma si sentiva le gambe paralizzate. Riuscì finalmente a fare qualche passo ma, prima ancora di riuscire a raggiungere i primi gradini, dal sottoscala uscì il viso parzialmente scheletrito di Hodges, poi l’uomo tutto intero, che si guardò intorno, come disorientato, quindi le si avvicinò tendendo le mani.
Il terrore mise ad Angela le ali ai piedi, ma prima che lei raggiungesse la scala, Hodges l’afferrò per un polso.
Questo servì a sbloccarle la voce. Gridando, Angela cercò di divincolarsi, ma poi vide uscire dal sottoscala un altro essere mostruoso più piccolo, ma con un volto identico. In quel momento si accorse che Hodges stava ridendo.
Non le rimase che fissare ammutolita David e Nikki che si toglievano le loro maschere di gomma, ridendo come forsennati.
Dapprima Angela provò imbarazzo, ma poi l’umiliazione lasciò posto alla collera. Non ci trovava niente da ridere in quello scherzo. Spinse da parte David e corse su per le scale.
Padre e figlia continuarono a ridere, ma ben presto le loro risate si attenuarono, a mano a mano che si rendevano conto di quanto l’avevano spaventata.
«Pensi che sia davvero arrabbiata?» chiese Nikki al padre.
«Temo di sì. Meglio andare su e parlarle.»
Angela si rifiutò persino di guardarli, mentre si dava da fare in cucina.
«Ma ci dispiace», ripeté David per la terza volta.
«A tutti e due», insistette Nikki. Entrambi dovevano sforzarsi di reprimere qualche risatina.
«Eravamo sicuri che non ci saresti cascata, nemmeno per un attimo», tornò alla carica David. «Davvero! Pensavamo che te ne saresti accorta subito, era talmente evidente!»
«Ma sì, mamma. Sabato prossimo è Halloween. Saranno i nostri costumi per Halloween. Ne abbiamo fatto fare uno anche per te.»
«Potete buttarlo subito nella spazzatura», replicò Angela.
Nikki ci rimase proprio male e gli occhi le si riempirono di lacrime.
A quel punto la collera di Angela venne meno. «Su, non prendertela», consolò la figlia, abbracciandola. «Lo so che ho avuto una reazione sproporzionata, ma mi sono spaventata davvero. E non penso che sia uno scherzo divertente.»
Phil Calhoun non vedeva l’ora di buttarsi nel caso più interessante che gli fosse mai capitato. Così, a metà pomeriggio, si diresse a Bartlet, dove parcheggiò il camioncino accanto alla biblioteca ed entrò con passo deciso nella stazione di polizia.
«Wayne c’è?» chiese all’agente di servizio e questi gli indicò il corridoio.
Calhoun lo percorse fino all’ufficio di Robertson che, appena lo vide, lo invitò a entrare e a sedersi.
«Lavori fino a tardi anche di sabato», osservò Calhoun, offrendogli un sigaro. «Ci dev’essere un sacco da fare, qui a Bartlet.»
«Mi tocca riempire una montagna di maledette scartoffie e ogni anno è peggio.»
Calhoun annuì, poi con tono casuale aggiunse: «Ho letto sul giornale che è saltato fuori il vecchio Hodges».
«Sì, ha fatto un po’ di scalpore, ma adesso è morto un’altra volta, finalmente! Era un rompicoglioni.»
«Come mai?»
La faccia di Robertson diventò rossa quando sciorinò nuovamente la sua litania contro il dottor Dennis Hodges.
«Da quello che sento, non era l’uomo più popolare della città», commentò Calhoun e si sentì rispondere da una risata sarcastica. «Vi date molto da fare su questo caso?» domandò poi, con l’aria di pensare ad altro.
«Bah! Quando è scomparso abbiamo fatto vedere che andavamo in giro di qua e di là, tanto per dare l’impressione di fare qualcosa. Non gliene importava niente a nessuno, nemmeno a sua moglie. Praticamente la sua ex moglie, si era già trasferita a Boston prima che lui scomparisse.»
«E adesso? Il Boston Globe ha detto che la polizia di Stato sta investigando.»
«Anche loro fanno soltanto finta di darsi da fare. Il medico legale ha chiamato il pubblico ministero, che ha mandato una giovane assistente a controllare. Quest’assistente ha chiamato la polizia di Stato, che a sua volta ha mandato sul posto qualche tecnico della scientifica. Ma poi mi ha telefonato un tenente della polizia di Stato e io gli ho detto che non valeva la pena che sprecassero il loro tempo e che ci avremmo pensato noi. E come tu sai anche meglio di me, la polizia di Stato prende l’imbeccata da noi locali, quando si tratta di un caso come questo, a meno che non ci siano pressioni da qualche parte, come l’ufficio del pubblico ministero o qualche uomo politico. Diavolo, hanno casi ben più urgenti a cui badare e noi pure. E poi, sono trascorsi otto mesi, la pista è fredda, ormai»
«In questo periodo a che cosa state lavorando?» domandò ancora Calhoun.
«C’è stata rata serie di stupri e aggressioni nel parcheggio dell’ ospedale,»
«Non siete riusciti a pizzicare lo stupratore?»
«Ancora no.»
Calhoun uscì dalla stazione di polizia e si avviò lungo Main Street, fermandosi alla libreria. Jane Weincoop, la proprietaria, era stata amica di sua moglie e appena lo vide lo invitò nel proprio ufficio. Lui le disse che passava di lì per caso e, dopo che ebbero parlato per un po’ del più e del meno, riuscì a portare la conversazione su Dennis Hodges.
«La scoperta del cadavere ha destato sensazione a Bartlet, non c’è che dire», ammise Jane.
«Ho sentito che non era un tipo molto popolare. Chi è che ce l’aveva con lui, in particolare?»
Jane soppesò il suo interlocutore con lo sguardo, poi gli chiese se si trattasse di una domanda professionale o personale.
«Pura curiosità», rispose lui, «ma apprezzerei molto che tenessi per te le mie domande.»
Mezz’ora dopo, Calhoun era di nuovo in Main Street e stringeva in mano un elenco di più di venti persone che, per un motivo o per l’altro, non avevano avuto Hodges in simpatia. L’elenco comprendeva il presidente della banca, il proprietario della stazione della Mobil vicino all’interstatale, il ritardato che in città svolgeva lavoretti vari, il capo della polizia, alcuni negozianti e mezza dozzina di medici.