«È vero, era sempre sull’orlo di una crisi o per le frequenti infezioni o per il diabete. Ma perché ha avuto un attacco epilettico?»
«Lo zucchero nel suo sangue non aveva mai un livello costante. E se fosse stato un ictus? Voglio dire, le possibilità sono infinite.»
Lo squillo del telefono spaventò entrambi e David allungò istintivamente la mano per rispondere, temendo che fosse l’ospedale con altre cattive notizie. Quando sentì che volevano sua moglie, si tranquillizzò.
Lei riconobbe immediatamente la voce: Phil Calhoun.
«Scusi se non mi sono fatto vivo prima. Ho avuto molto da fare, ma adesso mi piacerebbe scambiare due parole.»
«Quando?»
«Sono qui all’Iron Horse, a un tiro di schioppo da casa sua. Posso venire?»
Angela coprì il ricevitore con la mano e disse al marito di chi si trattava. «Vuole venire qua.»
«Io pensavo che avessi lasciato perdere l’affare Hodges», reagì lui.
«Infatti, non ne ho più parlato con nessuno.»
«E allora, come mai si fa vivo questo Phil Calhoun?»
«Non ho parlato nemmeno con lui, dalla prima volta che l’ho visto, ma l’ho già pagato. Penso che dovremmo almeno sapere che cosa ha scoperto.»
David sospirò rassegnato. «E sia!»
Quando, un quarto d’ora dopo, se lo vide comparire sulla porta di casa, si chiese che cosa Angela avesse trovato in lui di professionale: da come era vestito, non dava affatto l’aria della professionalità. Aveva un cappello da baseball rosso, una camicia di flanella e ai piedi aveva un paio di scarpe da basket senza lacci.
Si sedettero nel soggiorno, sul divano consunto che si erano portati da Boston. L’immensa stanza era arredata con un povero e misero mobilio e, come se non bastasse, un telo di plastica copriva la finestra rotta.
«Bella casa», commentò Calhoun.
«Dobbiamo ancora finire di arredarla», disse Angela, che poi gli domandò se volesse bere qualcosa e andò a prendergli una birra, mentre David continuava a osservare l’ospite.
«Dà fastidio se fumo?» domandò Calhoun, tirando fuori di tasca la scatola di sigari.
«Purtroppo sì», gli rispose Angela, tornando con la birra. «Nostra figlia ha problemi respiratori.»
«Oh, allora niente. Volevo aggiornarvi sulle mie indagini. Proseguono bene, anche se richiedono molte energie. Il dottor Dennis Hodges non era l’uomo più popolare della città e, a quanto pare, metà degli abitanti lo detestavano, per un motivo o per l’altro.»
«Sì, di questo ci eravamo già accorti», commentò David. «Spero che abbia dettagli più specifici, che giustifichino la sua paga oraria.»
«David, ti prego!» Angela era stupita dalla rudezza di suo marito.
«Ho stilato un elenco dei potenziali sospetti», proseguì Phil Calhoun senza badare all’interruzione, «ma non ho ancora parlato con tutti. La cosa si sta facendo interessante. In questa città sta succedendo qualcosa di strano, lo sento nelle ossa.»
«Con chi ha parlato?» domandò David. La sua voce aveva ancora una certa rudezza che preoccupava Angela, che però non disse nulla.
«Solo un paio di persone, per ora.» Calhoun ruttò, non si scusò e non si coprì nemmeno la bocca. David lanciò un’occhiata ad Angela che finse di non essersi accorta di nulla.
«Ho parlato con due pezzi grossi dell’ospedale», continuò l’investigatore. «Il presidente del consiglio d’amministrazione, Traynor, e il vicepresidente, Sherwood. Tutti e due avevano dei motivi per detestare Hodges.»
«Spero che parlerà anche con il dottor Cantor», disse Angela. «Ho sentito che ce l’aveva con lui.»
«Cantor è sulla lista, ma volevo cominciare dalla cima e scendere verso il basso. Le lamentele di Sherwood riguardavano un pezzo di terra. Quelle di Traynor, invece, erano molto più personali.»
Calhoun raccontò la vicenda della sorella di Traynor e di come si fosse conclusa.
«Che storia terribile», commentò Angela.
«È come una soap opera televisiva», concordò Calhoun. «Ma se Traynor fosse stato spinto a fare qualcosa contro Hodges, lo avrebbe fatto allora, non adesso. Inoltre, era stato Hodges a scegliere lui come suo successore alla presidenza del consiglio di amministrazione e questo è stato molto tempo dopo il suicidio della sorella. Non l’avrebbe fatto, se fossero stati in rotta, e il figlio di Van Slyke, Werner, adesso lavora per l’ospedale.»
«Werner Van Slyke è parente di Traynor?» David era sorpreso. «Se questo non è nepotismo!»
«Forse, ma Werner Van Slyke junior era in relazioni amichevoli con Hodges. Si è preso cura per anni della sua casa e del giardino. Il suo impiego all’ospedale forse è più opera di Hodges che di Traynor. In ogni caso, non sospetto Traynor di omicidio.»
«Come fa a esserne sicuro?» gli domandò Angela.
«Non si può essere sicuri di niente, dobbiamo affidarci alle probabilità.»
«Molto interessante», commentò David, «ma è arrivato a individuare un sospetto o almeno a restringere l’elenco?»
«Non ancora.»
«E quanto abbiamo speso per arrivare a questo risultato?»
«David!» sbottò Angela. «Sei ingiusto. Il signor Calhoun ha scoperto un sacco di cose in un breve periodo di tempo. Penso che adesso la questione importante è sapere se crede che il caso sia risolvibile.»
«Su questo sono d’accordo», concordò David. «Qual è il suo parere professionale, signor Calhoun?»
«Ho bisogno di un sigaro. Vi spiace se ci sediamo fuori?»
Qualche minuto dopo erano tutti e tre seduti sulla terrazza e Calhoun si godeva il suo sigaro, oltre a un’altra birra.
«Penso che il caso sia sicuramente risolvibile», dichiarò. Il viso gli s’illuminava a ogni tirata che dava al sigaro. «Dovete sapere qualcosa su queste cittadine del New England: si assomigliano più di quanto crediate, nonostante la loro diversità. Conosco questa gente e capisco le dinamiche che la muovono. I personaggi sono generalmente gli stessi di città in città, soltanto i nomi cambiano. Gli affari di uno sono gli affari di tutti gli altri. In altre parole, sono sicuro che qualcuno sa chi è l’assassino. Il problema è spingerlo a parlare. Io credo che l’ospedale in qualche maniera sia coinvolto e nessuno desidera che ci rimetta. E c’è la probabilità che ci rimetta, perché Hodges ha fatto dell’ospedale l’opera della sua vita.»
«Come ha fatto a ottenere così tante informazioni?» gli domandò Angela. «Io pensavo che nel New England la gente fosse riluttante a parlare.»
«È vero, ma si dà il caso che alcune fra le persone più inclini al pettegolezzo siano amici miei: la proprietaria della libreria, il farmacista, il barista e la bibliotecaria. Fino a questo punto sono state loro le mie fonti. Adesso devo cominciare a restringere il cerchio dei sospetti, ma prima di cominciare, devo farvi una domanda: volete che continui?»
«No», rispose pronto David.
«Aspetta un minuto», lo bloccò Angela, che poi si rivolse a Calhoun. «Ci ha detto che il caso è decisamente risolvibile. Quanto pensa che ci vorrà?»
«Non molto.»
«Troppo vago», obiettò David.
Calhoun sollevò il berretto e si grattò la testa. «Direi una settimana al massimo.»
«Vuol dire un sacco di soldi», reagì David.
«Io penso che ne valga la pena», lo contraddisse sua moglie.
«Angela! Mi avevi promesso che avresti lasciato perdere questa faccenda.»
«Infatti. Lascerò che sia il signor Calhoun a fare tutto. Io non ne parlerò ad anima viva.»
«Oh, Signore!» David alzò gli occhi al cielo, esasperato.
«Su, David. Se ti aspetti che continui a vivere in questa casa, mi devi appoggiare.»
David esitò, poi pensò a un compromesso. «Va bene, ma facciamo un patto: una settimana, poi è finita, non importa quello che succede.»
«D’accordo», acconsentì Angela, poi si voltò verso Phil Calhoun. «Adesso che abbiamo un limite di tempo, quale sarà la prossima mossa?»