«Ha un appuntamento?» gli chiese la ragazza.
«No, ma gli dica che sono venuto per parlare del dottor Hodges.»
«Del dottor Dennis Hodges?» chiese lei, sorpresa.
«Proprio così. Mi siedo qui in sala d’aspetto.»
Non dovette attendere molto.
«Che cosa significa che vuole parlare del dottor Hodges?» gli chiese Cantor appena lui entrò nel suo ufficio.
«Esattamente questo: fare due chiacchiere su di lui.»
«A quale scopo, si può sapere?»
«Le spiace se mi siedo?»
Cantor gli indicò una delle sedie davanti alla scrivania, Calhoun la liberò da una pila di riviste mediche ancora avvolte nel cellophane e, nel sedersi, chiese se poteva fumare.
«Se ne dà uno anche a me», gli rispose Cantor. «Ho smesso di fumare, tranne quando posso scroccare.»
Calhoun accese i sigari a tutti e due e disse che era stato assunto per scoprire chi era l’assassino di Hodges.
«Non ho nessuna voglia di parlare di quel bastardo», chiarì subito Cantor.
«Le posso chiedere perché?»
«Perché dovrei?»
«Evidentemente, per assicurare l’assassino alla giustizia.»
«Penso che giustizia sia già stata fatta. Chiunque ci abbia sbarazzati di quella peste dovrebbe avere una medaglia.»
«Mi è stato detto che lei aveva un’opinione ben misera di quell’uomo.»
«Questo è dire poco. Era un essere spregevole.»
«Potrebbe spiegarsi meglio?»
«Non gl’importava niente degli altri.»
«Intende della gente in generale o degli altri medici?»
«Soprattutto dei medici, credo. Non gl’importava. Aveva un chiodo fisso ed era l’ospedale, ma il suo concetto d’istituzione non comprendeva i medici che vi lavoravano. Ha rilevato i reparti di radiologia e di patologia, gettando molti di noi sul lastrico. Tutti noi volevamo strozzarlo.»
«Mi potrebbe fare dei nomi?»
«Certo, non è un segreto», dichiarò Cantor e contò sulle dita della mano cinque medici, compreso se stesso.
«E lei è l’unico di questi a essere ancora sulla breccia.»
«Sono l’unico che è ancora in radiologia. Grazie a Dio, ho avuto la lungimiranza di mettere in piedi questa clinica radiologica. Anche Paul Darnell è ancora qui. Lui è a patologia.»
«Lei sa chi ha ucciso Hodges?» chiese allora Calhoun.
Cantor fece per parlare, ma poi si fermò. «La sa una cosa? Mi sono appena accorto che ho cantato come un canarino, anche se avevo esordito dicendo che non volevo parlare di Hodges.»
«Sì, me ne sono accorto anch’io. Immagino che abbia cambiato idea. Allora: sa chi ha ucciso Hodges?»
«Se anche lo sapessi, non glielo direi.»
Calhoun all’improvviso consultò il proprio orologio da taschino e si alzò. «Mi spiace, ma dobbiamo interrompere la nostra chiacchierata. Non mi ero accorto dell’ora e ho un altro appuntamento.»
Spense il sigaro nel portacenere, sotto il naso dello stupito dottor Cantor, e corse fuori. Balzò sul suo furgone e arrivò alla biblioteca, dove vide Angela che passeggiava davanti all’ingresso.
«Mi scusi se ho fatto tardi», le disse. «Mi stavo divertendo un mondo a parlare con il dottor Cantor che non mi sono accorto dell’ora.»
«Avevo anch’io qualche minuto di ritardo», lo rassicurò lei, arrampicandosi sul furgorcino, che puzzava di sigaro. «Sono curiosa di sentire del dottor Cantor. Ha detto qualcosa d’interessante?»
«Non l’ha ucciso lui, Hodges, ma m’interessa. Stessa cosa per Helen Beaton. C’è qualcosa in ballo, lo sento.»
Calhoun abbassò il finestrino. «Le spiace se fumo?»
«Immagino che sia per questo che abbiamo preso il suo camioncino.»
«Pensavo di doverglielo chiedere lo stesso.»
«È sicuro che questa visita alla polizia andrà bene?» domandò Angela. «Più ci penso, più m’innervosisco. In fondo, non è vero che quei referti mi servono per curare i pazienti. Io sono una patologa.»
«Non si preoccupi. Potrebbe anche non avere bisogno di dire niente. Ho già spiegato tutto al tenente e lui non ha fatto obiezioni.»
«Mi fido di lei.»
«Non rimarrà delusa. Ma ho una domanda da farle. La reazione di suo marito mi preoccupa. Non voglio creare difficoltà fra voi due, dato che, lavorando a questo caso, mi sto divertendo come non mi era mai successo da quando sono andato in pensione. Che cosa ne dice se abbasso la mia paga oraria?»
«La ringrazio per la sua premura, ma sono sicura che David non farà storie, se ci atteniamo alla settimana che abbiamo detto.»
Nonostante le rassicurazioni di Calhoun, nell’entrare alla stazione di polizia di Burlington Angela era tesa. Ben presto, però, vide che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Fu Calhoun a parlare e il poliziotto di servizio fu estremamente gentile.
«Già che ci siamo», propose Calhoun, «perché non fa addirittura due copie?»
«Non c’è problema», rispose lui. Maneggiava gli originali con le mani guantate.
Calhoun fece l’occhiolino ad Angela e le sussurrò: «Così avremo una copia per uno».
Dieci minuti dopo, Angela e Calhoun erano di nuovo sul furgoncino.
«È stato un gioco da ragazzi», commentò lei, sollevata, prendendo le copie dalla busta in cui le aveva infilate il poliziotto.
«Non dico mai ‘io l’avevo detto’», scherzò Phil Calhoun. «Non sono quel genere di persona.»
Angela sorrise. Cominciava a piacerle lo humour di quell’uomo.
«Che cosa sono?» chiese lui.
«I fogli di accettazione di otto pazienti.»
«Hanno qualcosa di particolare?»
«Non mi sembra.» Angela era delusa. «Non hanno alcun elemento in comune. Età diverse, diagnosi diverse, alcuni sono uomini e alcuni sono donne. Ci sono un’anca fratturata, polmonite, sinusite, dolori al petto, dolori addominali, flebite, ictus, calcoli renali. Non so di preciso che cosa mi aspettassi, ma mi sembrano tutte cose all’ordine del giorno.»
Calhoun si addentrò nel traffico. «Non arrivi a conclusioni affrettate», le consigliò.
Angela rimise i fogli nella busta e guardò fuori dal finestrino. Immediatamente riconobbe la zona in cui si trovarono e chiese a Calhoun di fermarsi.
«Siamo vicini all’ufficio del medico legale», gli spiegò. «Che cosa ne dice di fare un salto da lui? Ha eseguito l’autopsia su Hodges e una nostra visita potrebbe smuovere un po’ più d’interesse da parte sua.»
Calhoun approvò l’idea e, dieci minuti dopo, incontrarono Walter Dunsmore in una sala che veniva utilizzata dai medici per consumare i pasti.
«Che cosa ne dite di prendere anche voi qualcosa da mangiare?» suggerì Walt.
Calhoun e Angela comprarono dei panini a un distributore automatico e lo raggiunsero.
«Il signor Calhoun sta indagando sul caso Hodges», spiegò Angela a Walt. «Siamo passati a vedere se ci sono ulteriori sviluppi.»
«No, non direi. L’esame tossicologico era negativo, tranne per l’alcol, di cui ti ho già parlato. Come ho già detto, nessuno ha interesse di dare priorità a questo caso.»
«Qualche novità sul carbone sotto la pelle?» chiese ancora Angela.
«Veramente non ci ho più pensato», ammise Walt.
Lei gli spiegò che doveva andare via subito, perché stava terminando la pausa e doveva rientrare in ospedale e Walt la incoraggiò a tornare da lui tute le volte che avesse voluto.
Tornati a Bartlet, Calhoun la lasciò dietro la biblioteca, raccomandandole di non esporsi.
«Non si preoccupi», gli disse Angela mentre si precipitava alla propria macchina. Era già l’una e mezzo.
Appena rientrò in ufficio, mise le copie degli otto fogli di accettazione nel primo cassetto della sua scrivania, dicendosi che doveva ricordarsi di portarle a casa. Poi s’infilò il camice e in quel momento entrò Wadley, senza nemmeno preoccuparsi di bussare.