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«Sono quasi venti minuti che la cerco», disse irritato.

«Ero fuori.»

«Questo era evidente, l’ho fatta chiamare parecchie volte.»

«Mi dispiace, ho usato l’ora della pausa per alcune commissioni.»

«È stata via più di un’ora», le fece notare Wadley.

«Sì, può essere, ma questa sera mi fermerò più a lungo, come del resto faccio spesso, e poi avevo avvertito il dottor Darnell perché mi sostituisse in caso di emergenza.»

«Non mi piace che i miei patologi scompaiano nel mezzo della giornata.»

«Non sono stata via a lungo. Sono consapevole delle mie responsabilità. Se oggi avessi dovuto analizzare le biopsie, non mi sarei certo assentata. Inoltre, sono dovuta andare dal medico legale.»

«Ha visto Walt Dunsmore?» chiese Wadley, con un tono già meno ostile.

«Può telefonargli, se non mi crede.»

«Ho troppo da fare per controllare i movimenti dei miei collaboratori. La questione è che ultimamente mi preoccupa il suo comportamento. Le devo ricordare che è ancora in prova e le posso assicurare che, se si dimostra inaffidabile, non verrà confermata.»

Con questo, Wadley ritornò nel proprio ufficio sbattendo la porta.

Angela si sentiva a disagio per l’aperta ostilità che le mostrava il suo capo. Eppure, la preferiva alle molestie a cui l’aveva sottoposta in precedenza. Si chiese se sarebbero mai riusciti a instaurare un normale rapporto di lavoro.

David finì le sue visite in ambulatorio e si diresse controvoglia a controllare le condizioni dei suoi pazienti ricoverati. Aveva paura di nuove, drammatiche scoperte.

Passò dapprima dall’unità di terapia intensiva per informarsi su Caroline e la trovò moribonda, vegliata inutilmente dal dottor Pilsner. Arrivato in corsia, scoprì che i suoi pazienti stavano tutti bene, tranne Sandra, il cui stato mentale era preoccupante.

David era sconcertato. Anche se le infermiere non sembravano particolarmente impressionate, ai suoi occhi il cambiamento era drammatico. Quando l’aveva visitata quella mattina l’aveva trovata vivace e in forma, adesso era apatica e biascicava cose incomprensibili, gli occhi erano spenti e la temperatura aveva nuovamente superato i trentotto gradi.

Riuscì a fatica a chiederle come si sentisse e lei parlò di crampi addominali, lasciandolo sgomento: il sintomo assomigliava troppo a quelli dei pazienti che erano morti.

Un’analisi dettagliata della cartella clinica non gli fu d’aiuto. L’unico fatto nuovo annotato dalle infermiere era la perdita di appetito, ma per il resto tutto era normale. Gli venne in mente la possibilità di un inizio di meningite, che era poi il pericolo che lo aveva indotto a ricoverarla, e le praticò una puntura lombare per prelevare il fluido cerebrospinale. Vide subito, dalla sua chiarezza, che era normale, ma lo inviò al laboratorio per esserne certo.

Come previsto, il risultato fu negativo. David, allora, ordinò un’altra analisi del sangue e intanto somministrò a Sandra altri antibiotici per l’ascesso. Poi, non gli rimase che sperare.

Quando andò a casa, non si godette per niente la pedalata, preoccupato com’era per Caroline e per Sandra, e al suo arrivo scoprì che le condizioni di Nikki erano peggiorate rispetto all’ora di pranzo, quando le aveva portato gli antibiotici: la congestione era aumentata e la temperatura aveva raggiunto i trentotto gradi.

Telefonò al dottor Pilsner direttamente all’unità di terapia intensiva e, scusandosi per il disturbo, gli chiese un parere sul fatto che gli antibiotici orali non erano serviti a molto.

«Sospendiamoli», consiglio lui, con la voce stanca. «Penso che sarà meglio usare un agente mucolitico e un broncodilatatore insieme alla terapia respiratoria.»

«Qualche cambiamento, per Caroline?»

«Nessuno.»

Angela arrivò a casa alle sette, dopo che Nikki aveva fatto un’altra serie di esercizi con David ed era leggermente migliorata. Mentre s’infilava nella doccia, David le diede le ultime notizie su Caroline.

«Chissà come si sentono gli Helmsford», commentò lei. «Saranno distrutti. Prego il Signore che a Nikki non capiti la stessa cosa.»

«Ho un’altra paziente, Sandra Hascher, che sta avendo gli stessi sintomi degli altri che sono morti.»

Angela cacciò fuori la testa dalla doccia. «Per che cosa è stata ricoverata?»

«Un ascesso a un dente. Ha reagito bene agli antibiotici, poi oggi pomeriggio ha avuto un improvviso cambiamento delle condizioni mentali. È diventata apatica e confusa. Lo so che non sembra molto, ma per me è un sintomo preoccupante.»

«Potrebbe essere meningite?»

«Ci ho pensato anch’io, anche se non ha mal di testa né febbre alta. Le ho fatto una puntura lombare e il risultato è stato negativo.»

«Un’infezione cerebrale?»

«Ma la febbre è minima. Comunque, domani le farò una risonanza magnetica nucleare, se non sta meglio. Il problema è che il suo caso mi ricorda troppo gli altri pazienti che sono morti.»

«Immagino che tu non voglia chiedere consulti.»

«No, altrimenti la passano a un altro medico. Potrei avere grane anche solo per la risonanza magnetica nucleare.»

«Che modo disgustoso di esercitare la medicina!» esclamò Angela. Poi, visto che David non aggiungeva altro, gli comunicò: «Il viaggio a Burlington è andato bene».

«Mi fa piacere», replicò lui, senza interesse.

«L’unico guaio è stato che al ritorno Wadley mi ha fatto una scenata. Ha persino minacciato di licenziarmi.»

«No!» David rimase sbalordito. «Sarebbe un disastro.»

«Non ti preoccupare, sta soltanto scaricando i suoi bollori. Non mi può licenziare subito dopo che io mi sono lamentata delle sue molestie sessuali. È l’unico motivo per cui sono contenta di avere parlato con Cantor.»

«Non c’è molto da stare allegri. Non avevo mai nemmeno pensato alla possibilità che potessero licenziarti.»

Quando la cena fu pronta, Nikki non aveva fame. Angela la fece sedere lo stesso a tavola, dicendole che avrebbe preso solo quello che le andava, ma poi insistette perché mangiasse di più. David intervenne perché non la costringesse a mangiare controvoglia e finì che litigarono, con il risultato che Nikki scappò da tavola in lacrime.

Dopo cena, Angela e David rimasero in silenzio davanti al televisore, poi lei salì da Nikki per farle fare gli esercizi respiratori, mentre lui si mise a sparecchiare. Aveva appena portato in cucina i piatti sporchi, che Angela ritornò giù.

«Nikki mi ha appena fatto una domanda a cui non so rispondere», gli disse, in tono grave. «Mi ha chiesto se Caroline tornerà presto a casa.»

«Che cosa le hai detto?»

«Che non lo so. Adesso che non si sente bene, ho paura di dirle la verità.»

«Anch’io non gliela voglio dire. Aspettiamo che la congestione le sia passata.»

«Va bene, cercherò di tergiversare.»

Verso le nove, David chiamò l’ospedale e parlò con la caposala, che gli assicurò che le condizioni di Sandra non erano cambiate e lo informò che però la paziente aveva saltato la cena.

Quando riattaccò, Angela andò da lui e gli chiese di dare un’occhiata alle copie dei fogli di accettazione che aveva preso a Burlington.

«Non m’interessa», rispose lui.

«Grazie. Sai che è una cosa. importante per me.»

«Sono troppo preoccupato per pensare a questa roba.»

«Io ho avuto il tempo e le energie per ascoltare i tuoi problemi. Potresti almeno restituirmi la cortesia.»

«Non credo proprio che le due cose siano paragonabili.»

«Come puoi dire una cosa del genere? Lo sai quanto sono sconvolta per questa faccenda di Hodges.»

«Non ti voglio incoraggiare. Penso di essere stato chiaro, al riguardo.»

«Oh, sì, sei stato chiarissimo: quello che è importante per te è importante, quello che è importante per me, non lo è.»