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«Sì, è lui», confermò Madeline. «Il poveretto era caduto da una scala mentre cercava di fare scendere un gattino da un albero.»

«Guardi questi altri nomi», disse Calhoun, porgendole i fogli. «Le dicono niente?»

Lei sfogliò le varie pagine e annuì. «Me li ricordo tutti, uno per uno. Sono proprio i pazienti per cui il dottor Hodges aveva perso le staffe. Sono morti tutti quanti.»

«Uhm, lo sapevo che dovevano essere collegati fra loro in qualche maniera!» borbottò Calhoun, rimettendo i fogli in tasca.

«Un altro motivo per cui ce l’aveva con quelli dell’ospedale erano le aggressioni al parcheggio», aggiunse Madeline.

«Come mai?»

«Secondo lui l’amministrazione dell’ospedale doveva fare molto di più. Si preoccupavano di più di non far trapelare gli incidenti alla stampa che di acciuffare il responsabile. Lui era convinto che lo stupratore fosse qualcuno dell’ospedale.»

«Aveva in mente qualcuno in particolare?»

«Aveva lasciato intendere di sì, ma con me non ha fatto nomi.»

«Potrebbe averne parlato alla moglie?»

«È possibile.»

«Pensa che abbia mai detto niente alla persona che sospettava?»

«Non ne ho la più pallida idea, ma so che aveva intenzione di discutere del problema con Wayne Robertson, anche se lui e Wayne non andavano d’accordo. Proprio il giorno in cui è scomparso doveva passare da lui.»

«E ci è andato?»

«No. Quel giorno aveva saputo che Clark Davenport era morto e, anziché andare da Wayne, mi ha fatto fissare un appuntamento con il dottor Barry Holster, il radioterapista.»

«Come mai lo voleva incontrare?»

«Era il dottor Holster che aveva curato Clark Davenport.»

Calhoun posò la tazza del caffè e si alzò. «È stata oltremodo gentile e disponibile», le disse. «Ho apprezzato sia il caffè sia la sua eccellente memoria.»

Madeline Gannon arrossì.

Angela aveva terminato il lavoro della mattina e stava per uscire per la pausa, quando la chiamò il medico legale, annunciandole che aveva fatto una scoperta straordinaria.

«Tutto merito della tua visita improvvisa di ieri», aggiunse. «Salta in macchina e vieni qua.»

«Quando?»

«Subito.»

Angela moriva dalla curiosità. «Non potresti dirmi di che cosa si tratta?» domandò.

«Preferirei fartelo vedere», rispose Walt. «C’è da scriverci sopra una pubblicazione. Voglio che tu venga subito, consideralo parte del tuo apprendistato.»

«Vorrei tanto venire, ma mi preoccupa il dottor Wadley. Non siamo in ottimi rapporti.»

«Oh, dimentica Wadley, gli telefonerò io. È una cosa importante.»

Angela si lasciò convincere e uscì immediatamente, non senza essersi prima informata sulle mosse di Wadley. Le segretarie le dissero che era andato all’Iron Horse Inn e che non sarebbe tornato prima delle due.

Avvisò Paul Darnell che andava dal medico legale dietro sua richiesta specifica, poi passò a fare una visitina a Nikki, che trovò abbastanza bene e su di morale, quindi partì a razzo per Burlington.

«Ehi, che velocità!» l’accolse Walt nel vederla arrivare da lui a tempo di record. «Non sapevo che avessi una macchina sportiva!»

«Sei tu che hai stimolato la mia curiosità», rispose lei. «E poi ho pochissimo tempo a disposizione.»

«Non ci vorrà molto.» Walt la portò davanti a un microscopio, dicendole: «Guarda qui dentro».

Angela osservò un campione di pelle e poi alcune chiazze nere nel derma.

«Sai che cos’è?» le chiese Walt.

«Penso che sia la pelle trovata sotto le unghie di Hodges.»

«Esatto. Lo vedi il carbone?»

«Sì.»

«Bene. Ora da’ un’occhiata qui», la invitò Walt, porgendole una foto. «È una microfotografia che ho ottenuto con un microscopio elettronico a scansione. Come potrai notare, le macchie non appaiono più come carbone».

Angela la osservò bene e vide che Walt aveva ragione.

«Adesso guarda qui», proseguì lui, «questa è l’immagine fornitaci da uno spettrofotometro atomico. Avevo diluito le particelle con un solvente acido e poi le ho analizzate. Non erano carbone.»

«Che cos’erano?»

«Una mistura di cromo, cobalto, cadmio e mercurio», annunciò Walt, trionfante.

«Meraviglioso», mormorò Angela, sconcertata, «ma che cosa significa?»

«Anch’io ero perplesso quanto te», ammise Walt, «e non avevo idea di che cosa significasse. Pensavo persino che lo spettrofotometro fosse guasto. Ma poi ho avuto la rivelazione: fa parte di un tatuaggio!»

«Ne sei sicuro?»

«Assolutamente. Quei pigmenti sono utilizzati per fare tatuaggi.»

Angela condivise immediatamente l’eccitazione di Walt. Con le possibilità offerte dalla medicina legale avevano fatto una scoperta che riguardava l’assassino. Aveva un tatuaggio. Non vedeva l’ora di dirlo a David e a Calhoun.

Tornata in ospedale, Angela s’imbatté in Paul Darnell, che la stava aspettando.

«Ho brutte notizie», le annunciò. «Wadley sa che sei uscita di città e non ne è contento.»

«Come fa a saperlo?» esclamò lei. Lo aveva detto soltanto a Paul.

«Credo che ti spii, è l’unica spiegazione a cui so pensare. È venuto da me un quarto d’ora dopo che eri uscita.»

«Credevo che fosse andato a mangiare.»

«È ciò che ha detto a tutti, ma evidentemente non l’ha fatto. Mi ha chiesto subito se avevi lasciato Bartlet. Non potevo mentirgli, gliel’ho dovuto dire.»

«Gli hai detto che sono andata dal medico legale?»

«Sì.»

«Allora non dovrebbero esserci problemi. Grazie per avermi avvertita.»

Appena Angela mise piede nella sua stanza, una segretaria l’avvisò che il dottor Wadley le voleva parlare. Quella era la prima volta che ricorreva a un’intermediaria per convocarla da lui. Brutto segno, si disse Angela.

Quando si presentò nella stanza di Wadley, lui le rivolse uno sguardo glaciale.

«L’ho chiamata per comunicarle che è licenziata», le annunciò senza perdere tempo in preliminari. «La pregherei di prendere le sue cose e andarsene al più presto. La sua presenza qui non è più gradita.»

«Non riesco a crederci», disse Angela.

«Tuttavia è così.»

«Dovrebbe sapere che ho utilizzato l’ora di pausa per recarmi a Burlington dal medico legale», ribatté lei. «Mi ha telefonato chiedendomi di andare da lui il prima possibile.»

«Non è il dottor Walter Dunsmore il primario di questo reparto. Sono io.»

«Non le ha telefonato?» Angela era disperata. «Mi ha detto che lo avrebbe fatto. Era eccitato per una scoperta fatta a proposito del cadavere trovato nella mia cantina. Sono corsa subito là… Sono stata via poco più di un’ora.»

«Non m’interessano le sue scuse. Soltanto ieri l’avevo avvertita, ma lei non mi ha dato retta, ha dimostrato di essere inaffidabile, disobbediente e ingrata.»

«Ingrata!» esplose Angela. «Ingrata per che cosa? Per le sue viscide avance? Per non volermi dare alla pazza gioia con lei a Miami? Mi può licenziare, dottor Wadley, ma io le dico che cosa farò: denuncerò lei e l’ospedale per molestie sessuali.»

«Ci provi, signora. La butteranno fuori a risate dal tribunale.»

Angela sfrecciò via, fuori di sé dalla rabbia. Raccolse le sue poche cose e le ficcò in una borsa di tela della spesa, poi uscì senza parlare con nessuno, per paura di perdere il controllo: non voleva dare a Wadley la soddisfazione di vederla piangere.

Voleva andare direttamente da David, in ambulatorio, ma poi cambiò idea. Dopo la discussione avuta con lui, temeva che reagisse male alla notizia del suo licenziamento e non voleva dare spettacolo in ospedale. Così salì in macchina e si diresse verso la città, senza una meta precisa.

Mentre passava davanti alla biblioteca, riconobbe l’inconfondibile furgone di Calhoun fermo lì davanti, allora parcheggiò la macchina ed entrò. Lo trovò che leggeva tranquillo e lo chiamò sottovoce.