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F’lar annuì di nuovo, affermativamente.

«Avete visto le donne.» Le parole di Lytol tradivano il disgusto. Era una contestazione, non una domanda, perché subito proseguì. «Bene, nelle Terre Alte non c’è di meglio.» Il suo tono esprimeva il massimo disprezzo. Prese posto al pesante tavolo che quasi riempiva un angolo della stanzetta. Stringeva con tanta forza le mani attorno all’ampia cintura da piegarne in due la pelle robusta.

«Vi sareste aspettati che le cose andassero diversamente, no?» continuò Lytol. Parlava troppo e troppo in fretta. Sarebbe stata una scorrettezza insultante da parte di chiunque altro. Ma era la terribile solitudine dell’esilio dal Weyr che lo spingeva ad essere così loquace. Lytol sfiorava appena la superficie con domande affrettate cui rispondeva egli stesso, anziché immergersi decisamente in argomenti troppo scottanti… come l’insaziabile bisogno di essere vicino a quelli della sua razza. Eppure, stava dando ai dragonieri proprio le informazioni loro necessarie. «Ma a Fax piace che le sue donne siano grassottelle e docili,» continuò. «Persino Dama Gemma lo ha imparato. Le cose sarebbero andate diversamente, se non avesse bisogno dell’appoggio della famiglia di lei. Ah, sì, sarebbe molto diverso. E allora, lui continua a metterla incinta, nella speranza che una volta o l’altra muoia di parto. E ci riuscirà. Oh, se ci riuscirà!»

La risata di Lytol era stridula, sgradevole.

«Quando Fax è giunto al potere, tutti gli uomini dotati di buon senso hanno allontanato le figlie dalle Terre Alte… o le hanno sfregiate.» S’interruppe, il volto aggrondato e incupito al ricordo, gli occhi socchiusi che lanciavano bagliori d’odio. «Io sono stato uno sciocco, e ho creduto che la mia posizione mi assicurasse l’immunità.»

Si riprese, raddrizzando le spalle, e si girò completamente verso i due uomini. La sua espressione era vendicativa, la voce bassa e tesa.

«Uccidete quel tiranno, cavalieri dei draghi, per il bene di Pern. Del Weyr. Della regina. Quello sta solo aspettando il momento propizio. Sparge il malcontento tra gli altri Signori. E…» La risata di Lytol, adesso, aveva una sfumatura isterica. «E crede di valere quanto chi cavalca un drago.»

«Quindi, non ci sono candidate qui, in questa Fortezza?» chiese F’lar, con voce tagliente, interrompendo l’esposizione della bizzarra teoria dell’altro.

Lytol lo guardò fisso.

«Non ve l’ho già detto? Le migliori sono morte per colpa di Fax, o sono state allontanate. Quelle che restano non valgono nulla, nulla. Stupide, ignoranti, sciocche, svanite. Voi avete già avuto Jora. Lei…» Strinse le labbra di colpo, scrollò la testa, massaggiandosi il viso per alleviare l’angoscia.

«E nelle altre Fortezze?»

Lytol scosse il capo, accigliandosi cupo.

«Lo stesso. O morte o fuggite.»

«E a Forte Ruath?»

Lytol smise di scrollare la testa e guardò fisso F’lar, arricciando le labbra in un sorriso saputo. Poi rise, senza gaiezza.

«Tu speri di trovare una Torene o una Moreta nascosta a Forte Ruath di questi tempi? Ebbene, cavaliere bronzeo, tutti quelli di sangue ruathano sono morti. Quel giorno, la spada di Fax era assetata. Sapeva che le ballate degli arpisti erano vere, che i Signori ruathani accordavano ospitalità senza riserve ai dragonieri, che i ruathani erano una razza a sé. Lo erano davvero…» La voce di Lytol si abbassò in un bisbiglio. «In quella casata c’erano molti uomini del Weyr, esiliati come me.»

F’lar annuì, grave: non se la sentiva di privare quell’uomo del suo conforto.

«No, nella Valle di Ruath è rimasto poco, pochissimo,» ridacchiò sommessamente Lytol. «Da quella Fortezza, Fax ricava soltanto guai.» Quel pensiero riportò Lytol ad una parvenza di contegno normale, e il suo viso assunse un’espressione meno tetra. «Noi, qui, in questa Fortezza, siamo ormai i migliori tessitori di tutta Pern. E i nostri fabbri realizzano le armi meglio temprate.» Gli occhi gli brillarono d’orgoglio per la sua comunità adottiva. «I coscritti che vengono da Ruatha finiscono per morire di malattie strane o di incidenti ancora più strani. E le donne che Fax si prendeva…» La sua risata divenne maligna. «Si dice che, dopo, rimanesse impotente per mesi interi.»

La mente attenta di F’lar balzò ad una conclusione curiosa.

«Non è rimasto nessuno, del Sangue?»

«Nessuno!»

«E tra gli artigiani ed i contadini non ci sono famiglie che abbiano sangue del Weyr?»

Lytol corrugò la fronte e scrutò F’Iar, sorpreso. Poi si massaggiò pensieroso la guancia sfregiata dalla cicatrice.

«C’erano,» ammise, lentamente. «C’erano. Ma credo che non ne sia rimasta nessuna.» Rifletté ancora per un istante, poi scosse il capo, deciso. «Durante l’invasione, ci fu una resistenza accanita, e non venne dato quartiere. Nella Fortezza, Fax decapitò le dame e i bambini. E imprigionò o giustiziò chiunque avesse preso le armi in favore di Ruatha.»

F’Iar scrollò le spalle. La sua idea era stata solo una probabilità. Con quelle rappresaglie feroci, Fax indubbiamente aveva eliminato la resistenza, e anche i migliori artigiani. Questo poteva spiegare la pessima qualità dei prodotti ruathani e l’affermarsi dei tessitori delle Terre Alte come d migliori delle varie specializzazioni.

«Vorrei tanto poterti dare notizie migliori, dragoniere,» mormorò Lytol.

«Non importa,» lo riassicurò F’Iar, tendendo la mano per aprire la tenda che chiudeva l’ufficio.

Lytol gli si avvicinò, con voce concitata.

«Ricorda ciò che ti ho detto delle ambizioni di Fax. Costringi R’gul, o chiunque sia il Comandante del Weyr dopo di lui, a sorvegliare le Terre Alte.»

«Fax è al corrente di quello che hai scoperto?»

Un’espressione spiritata balenò sul volto di Lytol. Deglutì innervosito, e rispose con voce priva di emozione.

«La mia corporazione mi protegge dalle persecuzioni. Sono abbastanza al sicuro. Fax ha troppo bisogno della nostra produzione.» Sbuffò, sarcastico. «Io sono il miglior tessitore di scene di battaglie. Certo,» aggiunse, inarcando un sopracciglio, «i draghi non vengono più raffigurati come i compagni degli eroi. Senza dubbio, avrai notato la prevalenza delle piante.»

F’Iar ebbe una smorfia di disgusto.

«E non è la sola cosa che abbiamo notato. Fax, però, tiene in vita le altre tradizioni…»

Lytol l’interruppe con un gesto.

«Lo fa perché è logico, dal punto di vista militare. I suoi vicini si armarono quando lui prese Ruatha, perché la prese a tradimento, lascia che te lo dica. E lascia che ti dia un altro avvertimento…» Lytol puntò un dito in direzione della Fortezza. «Lui ride apertamente delle leggende dei Fili. Si burla degli arpisti perché le vecchie ballate sono piene di sciocchezze, e ha bandito dal loro repertorio tutte le tradizioni che parlavano dei draghi. La nuova generazione crescerà completamente ignara del dovere, della tradizione e delle precauzioni.»

F’lar non si stupì nell’udirlo, dopo le altre rivelazioni di Lytol, benché ciò lo turbasse più di quanto aveva sentito fino a quel momento. C’erano anche altri che negavano la trasmissione orale degli eventi storici e li consideravano invenzioni degli arpisti. Eppure la Stella Rossa palpitava nel cielo, e si avvicinava il momento in cui avrebbero istericamente fatto appello alle antiche tradizioni per salvarsi la vita.

«Sei mai stato all’aperto di prima mattina, in questi ultimi tempi?» chiese F’nor, con un sogghigno malizioso.

«Sì,» mormorò Lytol, sommessamente. «Sì…» Un gemito gli sfuggì dal petto. Girò di scatto su se stesso, scostandosi dai dragonieri, incassando il capo fra le spalle. «Andate,» disse, digrignando i denti. E, poiché quelli esitavano, li supplicò: «Andate

F’lar si affrettò ad uscire dalla stanza, seguito da F’nor. Il cavaliere bronzeo attraversò il grande opificio, silenzioso e fiocamente illuminato, a lunghi passi che lo portarono fuori, nel sole abbagliante. Lo slancio lo portò al centro della piazza. Poi si fermò così bruscamente che F’nor, il quale lo seguiva da vicino, per poco non lo urtò.