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«Potete venire, non è vero?» proruppe Lessa.

«Venire? E dove, mia cara?» chiese Mardra, confusa. «Hai continuato a parlare di ’venire’, e dei Fili che si avvicinano, e della Stella Rossa inquadrata nella Roccia dell’Occhio e… mia cara, non ti rendi conto che ormai da due mesi la Stella Rossa ha concluso il suo Passaggio e si sta allontanando da Pern?»

«No, no. Hanno cominciato a cadere. È per questo che sono tornata indietro, passando in mezzo nel tempo…»

«Sei tornata indietro? Sei passata in mezzo nel tempo?» esclamò T’ton, accostandosi al letto e scrutando attentamente Lessa.

«Posso avere un po’ di klah? Mi rendo conto di parlare in modo incoerente, e non sono ancora ben sveglia. Ma non sono pazza e non sto più male, e si tratta d’una cosa molto complicata.»

«Sicuro,» fece T’ton, con ingannevole condiscendenza. Comunque, ordinò il klah nel pozzo di servizio. Poi accostò una sedia al letto, e sedette per ascoltare.

«È evidente che non sei pazza,» la tranquillizzò Mardra, lanciando un’occhiataccia al Comandante del Weyr. «Altrimenti non potrebbe volare con una regina.»

T’ton fu costretto a riconoscerlo. Lessa aspettò che arrivasse il klah. Lo sorseggiò, felice di quel calore stimolante.

Poi trasse un profondo respiro e cominciò a parlare. Narrò del lungo Intervallo tra i pericolosi passaggi della Stella Rossa; disse che il Weyr di Benden, l’unico rimasto, era caduto in disgrazia agli occhi di tutti, che Jora aveva deteriorato la sua regina, Nemorth, e aveva finito per perdere il controllo su di lei, così che, mentre la Stella Rossa si avvicinava, non c’era stato il previsto aumento del numero delle uova. Raccontò come aveva compiuto lo schema di Apprendimento di Ramoth, diventando la Dama del Weyr di Benden; come F’lar aveva battuto i Signori delle Fortezze venuti ad assediarli, il giorno dopo il primo volo nuziale della regina, e come aveva assunto con fermezza il comando del Weyr e di Pern, facendo i preparativi in attesa dei Fili che stavano per incominciare a cadere. Raccontò agli ascoltatori sempre più intenti i suoi primi tentativi di volare con Ramoth, narrò come inavvertitamente era passata in mezzo nel tempo, tornando al giorno in cui Fax aveva invaso la Fortezza di Ruatha.

«Ha invaso… la Foltezza della mia famiglia?» gridò Mardra, sbigottita.

«Ruatha ha dato ai Weyr molte Dame famose,» disse Lessa con un sorriso malizioso. T’ton scoppiò in una risata.

«È proprio ruathana, non c’è dubbio,» disse il giovane, rivolgendosi a Mardra.

Lessa espose la situazione in cui si trovavano i dragonieri, privi degli effettivi necessari per affrontare gli attacchi dei Fili. Parlò del Canto delle Domande e del grande arazzo.

«Un arazzo?» gridò Mardra, portandosi una mano alla guancia in un gesto allarmato. «Descrivimelo!»

E quando Lessa lo descrisse, comprese, dalle loro espressioni, che finalmente le credevano.

«Mio padre ha appena commissionato un arazzo con quella scena. Me ne ha parlato l’altro giorno, perché l’ultima battaglia contro i Fili è stata combattuta sopra Ruatha.» Incredula, Mardra si rivolse a T’ton, che non aveva più l’aria divertita. «Deve avere fatto davvero ciò che dice. Altrimenti, come potrebbe conoscere l’arazzo?»

«Puoi anche chiederlo alla tua regina e alla mia,» le suggerì Lessa.

«Mia cara, non dubitiamo più di te,» disse Mardra, di slancio. «Ma è stata un’impresa incredibile.»

«Non penso,» fece Lessa, «che la tenterei di nuovo, adesso che so quel che succede.»

«Sì, questo shock crea un problema molto grave per un balzo avanti nel tempo, se il tuo F’lar deve disporre di effettivi sufficienti.» osservò T’ton.

«Verrete? Verrete?»

«È decisamente possibile,» rispose T’ton, con aria grave. Poi sul suo volto apparve un sorriso sarcastico. «Tu hai detto che abbiamo lasciato i Weyr… Li abbiamo abbandonati senza lasciare spiegazioni. Siamo andati in qualche posto… in qualche tempo, cioè, perché siamo ancora qui, adesso…»

Tacquero a lungo, perché la stessa alternativa si era presentata alle loro menti in un unico istante. I Weyr erano stati abbandonati, ma Lessa non poteva provare che i loro occupanti fossero ricomparsi nel suo tempo.

«Deve esserci un modo, deve esserci un modo,» gridò Lessa, disperata. «E non c’è tempo da perdere, assolutamente!»

T’ton rise, una risata brusca.

«Qui abbiamo tutto il tempo possibile, mia cara.»

Poi convinsero Lessa a riposare, più preoccupata di quanto lo fosse stata quando stava male e urlava delirando che precipitava e non vedeva più nulla, non udiva più nulla, non poteva toccare più nulla. Anche Ramoth, le dissero, aveva sofferto per l’orrore della permanenza prolungata in mezzo, conclusa quando era emersa al di sopra dell’antica Ruatha, ridotta quasi ad un spettro pallidamente dorato.

Il Signore della Fortezza di Ruatha, padre di Mardra, era rimasto immensamente sorpreso quando aveva visto apparire all’improvviso una Dama vacillante ed una pallida regina. Naturalmente, per fortuna, aveva avuto l’idea di mandare a chiamare la figlia dal Weyr di Fort. Lessa e Ramoth erano state trasportate al Weyr, e il Signore di Ruatha aveva mantenuto il segreto sulla loro presenza.

Quando Lessa ebbe recuperato a sufficienza le forze, T’ton convocò il Consiglio dei Comandanti dei Weyr. Stranamente, si dichiararono tutti disposti ad andare… purché si potesse risolvere il problema della shock temporale e si trovassero punti di riferimento lungo la via. Lessa non impiegò molto tempo a capire perché i dragonieri fossero tanto ansiosi di compiere quel viaggio nel tempo. Erano nati quasi tutti durante l’invasione dei Fili che si era appena conclusa. Da quattro mesi, ormai, non avevano altro da fare che banali voli di pattugliamento, e la monotonia li annoiava. I Giochi rappresentavano ben miseri surrogati delle vere battaglie che tutti avevano combattuto. Le Fortezze, che un tempo non sapevano più che fare per ingraziarsi i dragonieri, cominciavano a mostrare una certa indifferenza nei loro confronti. I Comandanti dei Weyr prevedevano che la situazione avrebbe continuato a peggiorare, via via che le paure suscitate dai Fili fossero svanite. C’era la minaccia di una decadenza del morale, insidiosa come un’epidemia. L’alternativa offerta dall’appello di Lessa appariva loro migliore di una lenta decadenza nel loro tempo.

Soltanto il Comandante del Weyr di Benden non partecipò alle riunioni. Poiché, ai tempi di Lessa, Benden era l’unico Weyr, doveva rimanere intatto e all’oscuro di tutto. Inoltre, non si doveva rivelare la presenza di Lessa, in quanto nel suo tempo quella missione era sconosciuta a tutti.

Lei insistette perché mandassero a chiamare il Maestro Arpista, dato che le Cronache dei suoi tempi affermavano che era stato convocato. Ma quando l’uomo la pregò di recitargli il Canto delle Domande, lei si rifiutò, sorridendo.

«Lo scriverai tu, o lo farà il tuo successore, quando si saprà che i Weyr sono stati abbandonati,» gli disse. «Ma devi essere tu a crearlo, non io a ripeterlo.»

«È un compito difficile, sapere di dover comporre un canto che, tra quattrocento Giri, dovrà fornire un’indicazione preziosa.»

«Ti raccomando, però,» l’avverti Lessa, «che sia una Ballata dell’Insegnamento. Non deve venir mai dimenticato, perché pone domande alle quali io debbo rispondere.»

Il Maestro Arpista ridacchiò, e lei comprese di avergli già fornito un indizio.

Le discussioni si fecero più accalorate. Come si poteva arrivare sani e salvi, senza dover subire lunghissime privazioni sensoriali? C’erano invece proposte più costruttive, anche se poco pratiche, sul modo di trovare punti di riferimento lungo la strada. I cinque Weyr non erano mai stati avanti nel tempo e Lessa, nel suo unico, gigantesco balzo all’indietro, non si era fermata a prendere nota di punti di riferimento nei tempi intermedi.