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La mente in preda al caos, Lessa trasmise i punti di riferimento ai draghi degli altri Comandanti: Ruatha nella luce serotina, la Grande Torre, il Cortile interno, la terra in primavera… 

Un puntolino rosso nel freddo cielo nero, una goccia di sangue loro guida sarà. Molti Giri lontano, immersa nel mistero, la Stella Rossa ancora proseguir li farà.

 Lytol e Robinton, a furia di insistenze, costrinsero F’lar a mangiare, cercando volutamente di stordirlo con il vino. F’lar si rendeva conto che avrebbe dovuto opporsi, ma era uno sforzo immenso: gliene mancava ormai la volontà. Non lo consolava il pensiero che restavano loro Pridith e Kylara per tenere in vita la specie dei draghi, eppure rimandava continuamente la decisione di inviare qualcuno a cercare F’nor. Era incapace di affrontare la realtà di quell’ammissione: facendo ritornare Pririth e Kylara, avrebbe implicitamente riconosciuto che Lessa e Ramoth non sarebbero riapparse mai più.

Lessa, Lessa, gridava senza sosta la sua mente. La malediceva per il suo ardimento inflessibile e avventato, e un attimo dopo sentiva di amarla di più perché aveva tentato quell’impresa incredibile.

«F’lar, tu hai più bisogno di riposo che di vino,» risuonò la voce di Robinton, penetrando attraverso la sua angoscia.

F’lar alzò gli occhi su di lui, aggrottando la fronte perplesso. Si accorse di stare cercando di sollevare la brocca di vino, mentre il Maestro Arpista la tratteneva con un gesto deciso.

«Cos’hai detto?»

«Andiamo. Ti accompagnerò al Weyr di Benden. Niente al mondo potrebbe indurmi ad abbandonarti, in questo momento. Sei invecchiato di colpo, in queste poche ore.»

«E non è comprensibile?» urlò F’lar, balzando in piedi, orientando la sua rabbia impotente su Robinton, soltanto perché questi era il bersaglio più vicino.

Con un’espressione di profonda pietà, il Maestro Arpista gli afferrò il braccio, lo strinse con forza.

«Neppure un Maestro Arpista come me può avere parole sufficienti per esprimere la comprensione ed il rispetto che prova per te. Ma devi dormire. Devi resistere per tutto domani, e dopodomani dovrai combattere. I dragonieri devono avere un comandante…» Abbassò di colpo la voce. «Domani dovrai mandare a prendere F’nor… e Pridith.»

F’lar girò sui tacchi e si avviò a grandi passi verso la porta fatidica della grande Fortezza di Ruatha. 

O Lingua, esprimi ora la gioia e l’esultanza! Sulle ali dei draghi giunge a noi la speranza.

 Davanti a loro incombevano la Grande Torre di Ruatha, le alte pareti del Cortile Esterno chiaramente visibili nella luce morente.

La sirena lanciò nell’aria il suo grido violento, udibile a malapena nel tuono assordante delle ali di centinaia di draghi apparsi in formazione da combattimento, uno squadrone dopo l’altro, su tutta l’estensione della valle.

Un raggio di luce spazzò la pavimentazione del Cortile, mentre la porta della Fortezza si apriva.

Lessa ordinò a Ramoth di scendere vicino alla Torre e smontò. Corse via, di slancio, incontro agli uomini che stavano uscendo dalla porta. Riconobbe la figura robusta di Lytol, che teneva alto sopra il capo un gruppo di lumi. Fu così felice di vederlo che dimenticò del tutto la vecchia ostilità nei suoi confronti.

«Hai sbagliato di due giorni l’ultimo balzo, Lessa!» gridò Lytol, non appena furono abbastanza vicini perché lei potesse udirlo, nel frastuono causato dall’atterraggio dei draghi.

«Ho sbagliato? Com’è possibile?» mormorò lei.

T’ton e Mardra la raggiunsero.

«Non devi preoccuparti,» la rassicurò Lytol, stringendole le mani e con uno sfavillio di gioia negli occhi. Sorrideva. «Hai superato il giorno adatto. Ritorna in mezzo, ed emergi nella Ruatha di due giorni fa. Ecco tutto.» Il suo sorriso si allargò, di fronte alla confusione di Lessa. «È tutto a posto,» ripeté, accarezzandole le mani. «Scegli la stessa ora, ma visualizza F’lar, Robinton e me qui, nel Grande Cortile. Colloca Mnementh sulla Grande Torre e un drago azzurro sulle alture. Vai, adesso.»

Mnementh? chiese Ramoth a Lessa, impaziente di vedere il suo compagno. Piegò la testa enorme, e i grandi occhi le brillarono di un fuoco iridescente.

«Non capisco,» gemette Lessa. Mardra le cinse le spalle con un braccio per confortarla.

«Capisco io… Fidati di me,» supplicò Lytol, battendole goffamente una mano sulla spalla e lanciando uno sguardo a T’ton per chiedere il suo appoggio. «È come ha detto F’nor. Non si può essere nello stesso luogo in tempi diversi senza risentirne tremendamente, e quando vi siete fermati, dodici Giri fa, Lessa è andata a pezzi.»

«Lo sapevi?» gridò T’ton.

«Certo. Ritornate indietro due giorni fa. Vedete, io so che l’avete fatto. Naturalmente, allora sarò molto sorpreso, ma adesso, questa notte, so che siete riapparsi. Oh, andate. Non discutete, vi prego. F’lar è quasi impazzito per la preoccupazione.»

«Mi prenderà a scrolloni!» gridò Lessa, come una bambina.

«Lessa!» T’ton la prese per mano e la ricondusse verso Ramoth. La regina si acquattò per farla salire.

T’ton s’incaricò di tutto: passò al suo Fidranth l’ordine di ritornare indietro di due giorni, servendosi dei punti di riferimento indicatigli da Lytol. Poi aggiunse, per mezzo di Ramoth, una descrizione dei tre esseri umani e di Mnementh.

Il freddo in mezzo fece ritornare in sé Lessa, benché l’errore avesse minato la sua sicurezza. Ma poi riapparve Ruatha. I draghi, felici, si disposero in un’impressionante formazione. E là, profilati contro la luce che usciva dalla Sala, c’erano Lytol, Robinton… e F’lar.

La voce di Mnementh lanciò un sonoro benvenuto, e Ramoth si sbrigò a far scendere Lessa, per volare ad intrecciare il collo attorno a quello del suo compagno.

Lessa rimase dove la regina l’aveva fatta scendere, incapace di muoversi. Si accorse che Mardra e T’ton erano al suo fianco. Vide F’lar che attraversava correndo il Cortile. Eppure non poté muoversi.

F’lar l’afferrò tra le braccia, la strinse a sé con tanta forza che lei non ebbe più dubbi sulla felicità che gli dava il suo ritorno.

«Lessa, Lessa,» le ripeteva nell’orecchio la voce convulsa di F’lar. La strinse più forte, togliendole quasi il respiro, dimenticando tutti i cauti atteggiamenti distaccati del passato. La baciò, la strinse, la tenne tra le braccia, e poi tornò a baciarla d’impulso. Poi, all’improvviso, si scostò e l’afferrò per le spalle. «Lessa, se tu…», disse sottolineando ogni parola con una flessione delle dita. Poi s’interruppe, scorgendo attorno a loro quei volti sorridenti e sconosciuti.

«Ve l’avevo detto, che mi avrebbe preso a scrolloni,» stava dicendo Lessa, scuotendo il viso per far scorrere via le lacrime. «Ma, F’lar, li ho portati qui tutti… tutti tranne il Weyr di Benden. È per questo che gli altri cinque Weyr erano abbandonati. Li ho condotti qui io.»

F’lar si guardò attorno, scrutò, al di là dei comandanti, la massa dei draghi che scendevano nella Valle, sulle alture, dovunque volgesse lo sguardo. C’erano draghi azzurri, verdi, marroni, bronzei, ed un intero squadrone di auree regine.

«Hai portato qui i Weyr?» mormorò, stordito.

«Sì. Questa è Mardra e questo è T’ton del Weyr di Fort, e questi sono D’ram e…»

Lui l’interruppe, con un lieve brivido, attirandosela al fianco per poter vedere meglio i nuovi venuti e per salutarli.

«Vi sono immensamente grato più di quanto sappia dirvi,» cominciò. Ma non riuscì a continuare, non seppe pronunciare tutto ciò che voleva aggiungere ancora.